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Letizia Calandra

Soprano (Voice) Rome, Italy 5 Followers
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EROTICA ANTIQUA / DELL’ARPA: Villanella che all-acqua vai. Vorria crudel tornare. ANONYMOUS: Boccuccia d’uno persic’ aperturo. Madonna tu mi fai lo scorrucciato. Tu sai che la cornacchia. Che sia malditta l’acqua. La morte di marito. Oi ricculina. Vurria ca fosse ciaola. DA NOLA: Fontana che dai acqua. Fuggit’ Amore. AZZAIOLO: Girometta senza to non viverò. DI LASSO: Matona mia cara. Sto core mio. Madonna mia, pietà. O occhi manza mia. DONATO: Chi la gagliarda. FALCONIERI: O belissimi capelli. Vezzosette e care pupillette ardenti. Occhietti amati / Letizia Calandra, sop; Ensemble Arte Musica; Francesco Cera, hpd/dir / Brilliant Classics 95448
This is a rarity for me, a CD I chose to review based on someone else’s review. Going through the Brilliant Classics website I chanced upon this disc and was intrigued by the review posted there, so I took a chance on it. I’m glad I did.

Soprano Letizia Calandra is an utterly remarkable singer whose voice combines sensuality with a folk-singer-like sound. In the latter respect she reminded me of Jantina Noorman, the great Dutch folk singer whose voice was so good that she crossed over and did several classical recordings. My regular readers will know, as I stated in my long review of Gabriel Garrido’s Monteverdi operas, that early “classical singers” were most often not trained voices, that many of them were popular or folk singers of their time who crossed over to perform this music. Calandra certainly fits into this category.
In fact, I will give you fair warning. If you’re a man, you are going to be seduced by Calandra’s voice, so much so that you may want to marry her! It’s that sensuous, and no lie. As for the music, it mostly dates from the early to mid-16th century, which is pre-Baroque, so “Antiqua” is indeed an appropriate title for this music. Since the CD booklet has no song texts, I’ve included them here, courtesy of Brilliant Classics, albeit in Italian only. Once you know what some of the lyrics are, you come to appreciate her interpretations all the better. Unfortunately, Google Translate has a hard time with early Italian, but I think your eyes may pop out of your head when you see lyrics like this pop up:

Beloved eyes
You’re fucking me
Why ruthlessHenceforth your
Gorgeous serenity
Of full joy
Your splendor
Flames of the Choirs
Vermilion mouth
The best description I can give of Calendra’s voice is that it is simultaneously bright in timbre and sensuous in its well-shaded delivery. She almost sounds like a female counterpart to Italian tenor/folk singer Pino di Vittorio, whose recordings of early music on the Glossa album Canto della Sirena (Glossa 922603) I raved about in Fanfare magazine several years ago. THIS is how you sing this material, with life and feeling and earthiness, not like it’s a vocal exercise to be produced by well-placed but boring tones. I also need to lavish praise on her accompanists, Ensemble Arte Musica, who play the music as enthusiastically as Calendra sings it. There is absolutely no comparison one can make of this record to the majority of “early music” dead-heads out there; they remind me of the once-famous early music group Kalenda Maya, whose recordings of the 1980s garnered short-lived but enthusiastic critical acclaim.

You may not believe your ears when listening to the songs by Orlando di Lasso, as these are miles removed from his normal stuffy religious music. Apparently, these were the kinds of songs he wrote when he wasn’t in church!

This is, quite simply, a fun recording!

—© 2017 Lynn René Bayley

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ROMADIMODA Marzo 24 2021
Letizia Calandra e Marcos Madrigal omaggiano il grande compositore argentino Carlos Guastavino.

Pubblicato dall'etichetta Brilliant Classics nell'agosto del 2020, con grande esito internazionale, Guastavino Song Cycles è un lavoro bellissimo e intenso dedicato al grande compositore argentino (1912-2000) dalla splendida voce soprano di Letizia Calandra e dalla sensibilità artistica del pianista cubano Marcos Madrigal, ambedue residenti a Roma.
Carlos Guastavino, non conosciutissimo in Italia, è stato uno dei più importanti e rappresentativi compositori argentini del secolo scorso. Ha lasciato un immenso patrimonio musicale di oltre 500 opere, molte delle quali per piano solo o per pianoforte e voce, canzoni con testi di poeti quali Alberti, Benarós, Quintana, Neruda, Borges, con un registro stilistico personale, intimo, romantico, seducente, influenzato dalla musica popolare del suo paese. Alcune di queste canzoni dello "Schubert della Pampa", come talvolta è stato chiamato, hanno raggiunto una popolarità enorme e molti interpreti, basti ricordare José Carreras, le hanno incluse nelle loro registrazioni e performance; tra queste "La rosa y el sauce", "Elegía para un gorrión", "El sampedrino" e la notissima "Se equivocó la paloma", presenti in questo lavoro. Il lavoro si apre con il ciclo integrale delle 12 canciones Flores Argentinas del 1969, dove la poesia di León Benarós, che ritrae vividamente la flora del paese, s'intreccia con ritmi e melodie mutuate dal folclore popolare. Contiene inoltre le Siete Canciones sobre Poesía de Rafael Alberti del 1946, poeta spagnolo, meno immediate rispetto alle precedenti, ma non per questo meno suggestive. Di Rafael Alberti è anche il testo della già citata "Se equivocó la paloma".
La qualità del lavoro è eccelsa, dalla ricerca stilistica degli interpreti alla purezza del suono. Letizia Calandra, con l'espressività e la versatilità non comune della voce e la chiarezza della dizione, pone in risalto ogni dettaglio dei versi restituendone tutta la musicalità e la teatralità. La solidità e sensibilità pianistica di Marcos Madrigal, conoscitore attento e rigoroso dell'opera di Guastavino, già interprete di una registrazione per piano solo, sposa perfettamente il canto in un fraseggio delizioso, impreziosito qua e là da brevi assoli.
Un lavoro prezioso dunque, che offre all'ascoltatore attento e sensibile la migliore introduzione all'opera del compositore argentino. Con la speranza di poterlo presto ascoltare dal vivo.

Letizia Calandra, soprano, ha interpretato i ruoli principali di numerose opere: la sua attività concertistica la porta ad esibirsi nei palcoscenici più prestigiosi in Italia, dall'Opera di Roma all'Arena di Verona, dal San Carlo di Napoli al Lirico Sperimentale di Spoleto.., nonché in Germania, Francia, Svizzera, Canada, Australia.. Un ampio repertorio che spazia dal barocco, al lirico, al cameristico, al contemporaneo. Si dedica alla ricerca di generi meno frequentati della tradizione popolare colta e alla loro divulgazione, da cui scaturiscono eccezionali lavori dedicati soprattutto al repertorio della canzone napoletana, tra cui Classico Napoletano I e II (Bideri), Scarlatti and the Neapolitan Song (2013), Erotica Antiqua, Neapolitan Villanellas (2017), Ninna Nanna (2018), tutti per la Brilliant Classics.

Marcos Madrigal, pianista cubano, svolge un'intesa attività concertistica, sia come solista che in orchestra, nelle principali sale da concerto nel mondo, Buenos Aires, Londra, Dublino, Granada, Cordova, Bucarest, Vienna, Roma ovviamente, e ancora Cina e Stati Uniti, nonché Cuba dove dal 2017 è direttore artistico di Habana Clásica. Ha registrato concerti dal vivo per BBC, Radio Vaticana, Radio Svizzera RSI, Radio 3 Rai. Ha pubblicato importanti lavori monografici, tra i quali quello dedicato al compositore cubano Ernesto Laucona (Academy, 2015) e quelli dedicati al compositore argentino Carlos Guastavino, Piano Music (Piano Classics, 2020) e Song Cycles (Brilliant Classics, 2020).

G. Arientoli


Ascolti da Guastavino Song Cycles (link esterno)

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CRITICACLASSICA La musica classica in Italia e nel mondo
il marzo 27, 2021 da marcodelvaglio

Guastavino (1912-2000) è uno dei compositori argentini più rappresentativi del XX secolo, caratterizzato da uno stile sempre volutamente lontano da quello del Novecento e, limitatamente ai suoi connazionali, agli antipodi da Ginastera, ma distante anche da un altro autore di notevole prestigio quale Piazzolla.
La sua produzione è costituita da oltre 500 brani, in gran parte per voce e pianoforte, su testi dei maggiori poeti di lingua spagnola, grazie ai quali è passato alla storia con l’appellativo di “Schubert della Pampa”.
Un soprannome che non gli ha portato molta fortuna, almeno dalle nostre parti (intendendo non solo l’Italia, ma l’Europa intera), dove è ancora totalmente sconosciuto.
Merita quindi grandissima attenzione il cd “Guastavino – Song Cycles”, pubblicato lo scorso anno dalla Brilliant Classics (distribuita in Italia dalla Ducale Music), e affidato a due prestigiosi interpreti, il soprano Letizia Calandra ed il pianista Marcos Madrigal.
Il disco è prevalentemente incentrato su due raccolte di Guastavino, Flores Argentinas, risalente al 1969, su testi del poeta, etnomusicologo e pittore León Benarós e Siete Canciones sobre poesías de Rafael Alberti, rivolta alle liriche del poeta spagnolo e datata 1946.
Nel primo caso, come recita anche il titolo, vi sono le descrizioni della variegata e multicolore flora argentina, abbinate ai ritmi popolari della nazione sudamericana, diffuse negli ambienti contadini, come ad esempio la milonga campera e la cacharera.
Con le Siete Canciones siamo invece proiettati nella poetica del primo Rafael Alberti, quello delle raccolte Marinero en tierra (1925) e El alba del alhelí (1927), i cui argomenti sono rivolti alle tematiche più disparate, atte a descrivere personaggi o situazioni, e per tale motivo anche la musica risulta maggiormente meditata ed introspettiva.
Il cd si completa con altri tre brani, la celebre e suggestiva La rosa y el sauce, su lirica di Francisco Silva y Valdés, Se equivocó la paloma, poesia che Rafael Alberti dedicò a Pablo Neruda nel 1938, fatta conoscere al pubblico italiano da Sergio Endrigo, in una versione orchestrale arrangiata da Bacalov e, in chiusura dell’album, El sampedrino di León Benarós.
Per quanto riguarda i due interpreti, appaiono perfetti per questo repertorio, in quanto la versatilità, la splendida voce e la dizione ineccepibile del soprano Letizia Calandra, si incontrano con il suono raffinato, elegante e ricco di sfumature del pianista Marcos Madrigal, evidenziando una serie di brani dove la musica rispecchia fedelmente il contenuto poetico.
Il tutto contribuisce a far emergere un autore inspiegabilmente dimenticato, poco presente anche in discografia, che meriterebbe una immediata rivalutazione e un costante interesse da parte di interpreti bravi e sensibili come Letizia Calandra e Marcos Madrigal.

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Do 27.08.2020 Eine CD-Kritik von Hans Ackermann
Wie musikalische Aquarelle werden die romantischen Lieder des 1912 geborenen argentinischen Komponisten Carlos Guastavino mit leichtem Sopran und zarter Klavierbegleitung präsentiert. Nach den "Flores Argentinas" über zwölf Gedichte von León Benarós schließt die moderne "Elegia" aus dem Zyklus "Sieben Lieder über Gedichte von Rafael Alberti" das authentische Album dann durchaus kraftvoll ab.

Hans Ackermann stellt die CD vor.

Bewertung: ★★★★

Carlos Guastavino: Liederzyklen
Letizia Calandra, Sopran
Marcos Madrigal, Klavier
Label: Brilliant Classics, 2020
Bestellnummer: 95798

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DECEMBER 2020 NIEUWE CD UITGAVEN OPERA NEDERLAND

De Argentijnse componist Carlos Guastavino (1912-2000) distantieerde zich van moderne componisten, liet aan hen het experimenteren over en volgde zelf zijn eigen weg. Hij greep in zijn muziek terug op de 19e eeuw en componeerde zo’n 500 werken, waarvan ruim 150 liederen voor zang en piano. Guastavino schreef ze op teksten van belangrijke Spaanstalige dichters als Rafael Alberti, León Benarós, Jorge Luis Borges en Pablo Neruda.
Er bestaan al diverse CDs die volledig aan Guastavino’s liederen gewijd zijn, denk aan de schitterende albums van de Argentijnse mezzo Désirée Halac (Albany Records, 2008), de Dominicaanse tenor Ulises Espaillat (New Albion, 1993) en de Argentijnse bariton Marcos Fink (Cascavelle, 1996). Aan deze discografie hebben de Italiaanse sopraan Letizia Calandra en de Cubaanse pianist Marcos Madrigal nu de CD ‘Guastavino; Song Cycles’ toegevoegd. Zij namen van de Argentijnse componist 23 liederen – in feite twee liederencycli met vier losse liederen – tussen 14 en 16 maart 2018 in Lugano op.
Guastavino’s liederen zijn gecomponeerd in een romantische stijl, klinken herkenbaar en doen populair aan. Ze zijn folkloristisch, hebben een lokale kleur en bezitten de nostalgische klank van het Argentijnse vaderland. De mensen, de dieren, de bloemen en de planten schijnen door in de miniatuurtjes. Zo opent Letizia Calandra de CD met de ‘Flores Argentinas’, die ook Marcos Fink al integraal had opgenomen. De sopraan vertolkt de twaalf melodieuze liederen op teksten van León Benarós vol charme en Marcos Madrigal begeleidt haar kleurrijk, elegant en expressief.
Als intermezzo zijn er de drie bekende liederen “La rosa y el sauce”, “Elegía para un gorrión” en “Se equivocó la paloma”, die Calandra met overgave zingt. Ook Ulises Espaillat had Guastavino’s vroege cyclus ‘Siete Canciones Sobre Poesías de Rafael Alberti’ al opgenomen en Calandra brengt ook deze liederen mooi lyrisch. De CD besluit met het beroemde “El sampedrino”. Er bestaat nog een opname van het lied door de tenor Juan Carlos Taborda met Guastavino zelf aan de piano. Zo vriendelijk, mild en getemperd had de Argentijnse componist zijn liederen in gedachten.
Letizia Calandra zingt de liederen gevoelvol. Haar Spaanse is niet perfect, de “i” en “e” zijn soms geknepen en er is een scheiding tussen het borst- en middenregister, maar haar benadering past helemaal bij deze muziek. Marcos Madrigal voelt alle kleine buigingen in Guastavino’s muziek feilloos aan. Opvallend is de ‘vintage’ geluidskwaliteit die men de opname met opzet heeft gegeven, waardoor de esthetiek van de liederen en de nostalgie van een voorbije tijd worden opgeroepen. Een album vol charme, rust en warmte.
Brillant Classics 95798 (1CD)

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14 SEPTEMBER 2020 Artamag' / Francia (Artalinna) JEAN-CHARLES HOFFELÉ

Argentins ne sont pourtant pas des Lusitaniens, mais le beau cycle tranquille à force de nostalgie que Carlos Guastavino écrivit en 1969 sur des poèmes de León Benarós est merveilleux de poésie discrète même lorsqu’il s’anime d’un sourire dansant. La délicatesse des traits, la simplicité du chant, tout aussi fausses que celles du piano, cachent l’art par l’art et laissent transparaître avec des finesses subtiles les inspirations populaires.

Une romance toute simple comme La rosa y el sauce semble remonter jusqu’aux chansons séfarades, tout un imaginaire de la très ancienne Espagne s’y infuse (et même avec des éléments du langage de Granados que Guastavino y assimile).

Les poèmes de Rafael Alberti inspirent une dimension narrative supplémentaire qui donne au recueil de 1946 une nostalgie diffuse jusque dans les mélodies les plus brillantes, typique de la veine de jeunesse de Guastavino où l’écriture pianistique est plus alerte, plus savante, où la voix se pare d’ornements qui font penser au style si coloré que Joaquín Rodrigo mettait en œuvre de l’autre côté de l’Atlantique.
L’album est merveilleux jusque dans sa coda amère, la grande plainte d’El sampedrino, portée par la voix toute simple de Letizia Calandra pourtant si fruitée, et par ce piano sans marteau de Marcos Madrigal, timbres souples, couleurs feutrées, pour une petite heure de rêve éveillé.

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Agencia Cubana de Noticias
17 MAYO 2020

La Habana, 17 may (ACN) El pianista Marcos Madrigal presentó, junto a la soprano italiana Letizia Calandra, su más reciente producción discográfica, dedicada al compositor argentino Carlos Guastavino (1912-2000), según una nota de prensa.

Las 23 obras del material titulado Guastavino Song Cycles son interpretadas por Calandra y Madrigal, y acaban de ser lanzadas en las plataformas digitales, pactando su presentación física para el mes de agosto.

De acuerdo con la fuente la propuesta fue acogida por el sello fonográfico neerlandés Brillant Classic para rendir tributo al compositor y pianista argentino, conocido por algunos como “el Schubert de la Pampa”.

Sobre el disco, Letizia Calandra expresó que nunca ha estado en Argentina, pero cantar estas obras ha significado viajar en el corazón de ese país y su cultura.

En esta Argentina llena de nostalgias encontrarán vuestros recuerdos, vuestros lugares secretos, vuestros amores y descubrirán la conmovedora belleza de una flor o de un jardín abandonado y de todo lo que hoy, más que nunca, necesitamos, agregó.

Marcos Madrigal precisó que piensa que, aunque algunas de estas obras son bastante conocidas, la mayor parte de las canciones de Carlos Guastavino todavía hoy no forman parte habitual de los programas de conciertos y proyectos discográficos.

Añadió que lo anterior, unido a la belleza, poesía y refinamiento de estas obras, le han llevado a proponerse dedicar varias producciones al vasto catálogo del mencionado compositor latinoamericano.

Las canciones que conforman Guastavino Song Cycles trasladan al público a los años 40 y 50 del siglo pasado cuando el compositor tuvo sus más intensas experiencias artísticas y, asimismo, recrean una realidad entre lo culto y lo popular.

Sobre ese disco, la musicóloga Claudia Fallarero escribió: “Sus saberes y sensibilidades artísticas, unidos a la poética de Guastavino, hacen de esta una propuesta agradable, cálida, sensual, que desde la primera pieza provoca en el oyente el olvido del tiempo y el lugar, imprimiendo quietud y deleite”.

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di Salvatore Sclafani TGMUSIC.IT

Le canciones per voce e pianoforte occupano uno spazio importante nella produzione di Carlos Guastavino (1912-2000). Compositore argentino legato alle estetiche post-romantiche in un’epoca che vede nascere diverse avanguardie musicali, Guastavino si distingue per un linguaggio caratterizzato da una spontanea bellezza melodica. Le sue opere vocali da camera testimoniano una sensibile ricerca di adesione della musica alla parola lirica. La linea del canto è concepita a servizio del verso tramite il ricorso frequente ad una struttura sillabica : sovente, ad ogni nota corrisponde una sillaba, con grande vantaggio per la chiarezza di pronuncia del testo poetico e la sua fruizione da parte dell’ascoltatore. Nel CD Carlos Guastavino: Song Cycles, prodotto dall’etichetta discografica olandese Brilliant Classics, il soprano Letizia Calandra e il pianista Marcos Madrigal propongono una selezione di brani fra i più significativi del repertorio vocale di Guastavino : i cicli Flores Argentinas (1969), con testi del poeta argentino León Benarós, e Siete Canciones sobre Poesías de Rafael Alberti (1946), basate su poesie dello spagnolo Rafael Alberti, cui si aggiungono quattro canciones. Fra queste, spicca la celeberrima Se equivocó la paloma.

Flores Argentinas, ciclo difficilmente reperibile sul mercato discografico come opera completa e inciso in questo disco nella sua versione integrale, presenta una forte connotazione autoctona: i versi di Benarós ritraggono l’universo floreale tipico dell’Argentina, sostenuti da una scrittura musicale che allude frequentemente a ritmi e danze del folclore locale. Ad esempio, nella parte pianistica della prima canción del ciclo, Cortadera plumerito, è possibile percepire un frequente ricorso alla sequenza ritmica di una milonga campera, canzone della tradizione argentina; in Campanilla ¿a dónde vas?, la sovrapposizione fra le linee del canto e del pianoforte provoca un’oscillazione costante fra il 3/4 e il 6/8, aspetto ricorrente nella musica folclorica e riscontrabile anche nel brano seguente, Aromita, flor de tusca, che sembra ispirarsi a un ritmo di chacarera, danza argentina rurale.

Rispetto al suono argentino del verso di Benarós, in Siete Canciones sobre Poesías de Rafael Alberti, il mondo poetico di Alberti (con il quale il pianista sembra avere un rapporto privilegiato, visto il loro comune destino: il poeta ha vissuto a lungo a Roma, città in cui Madrigal risiede attualmente) esprime una dimensione più ermetica della lingua castigliana. Ciò si traduce musicalmente nella ricerca di colori che sembrano assecondare l’ambiguità dei versi per mezzo di un cromatismo più elaborato. Il linguaggio di Siete Canciones dà vita a un mondo criptico, meno accessibile rispetto all’intenzione descrittiva presente in Flores, e a uno spazio sonoro più enigmatico e complesso nelle sue strutture armoniche, che contrasta con il ciclo precedente.

Tra le altre canciones presenti nel disco e non appartenenti ai due cicli, è da sottolineare il lirismo accorato de La rosa y el sauce per la sua natura quasi operistica, a tratti divergente dai toni più misurati e intimisti della maggior parte dei brani inclusi nel disco, e la sensibilità popolaresca de El sampedrino, costruita come una sorta di canzone folclorica in cui la parte pianistica agisce in costante sostegno del movimento più libero e rapsodico della voce.

In Carlos Guastavino: Song Cycles è notevole la ricerca stilistica di Letizia Calandra nell’impostazione vocale. Rispettosa del testo e attenta a sottolineare la specificità cameristica dei pezzi, Calandra offre una bella versatilità di timbri e sfumature. La sua interpretazione rende omaggio al contenuto poetico attraverso una dizione chiara e scandita, che permette al verso di essere chiaramente udibile nel dettaglio. D’altronde, la qualità della pronuncia dei testi in spagnolo testimonia uno studio accurato delle canciones sin dalle loro specificità fonetiche. Inoltre, l’espressività della voce del soprano nell’articolazione sonora è tale da rendere comunicativa la parola sin dal suo significante, ancor prima del significato. Ciò è ulteriormente supportato da una certa facilità nella recitazione, in particolare in Flores Argentinas, in cui Calandra restituisce a chi ascolta un mondo floreale animato e lussureggiante.
La solida tecnica strumentale di Marcos Madrigal si esprime pienamente in una ricca tavolozza di colori e mostra una particolare sensibilità nell’intesa con il canto, sia in brani in cui il pianoforte esercita essenzialmente un ruolo di sostegno alla linea vocale, sia in canciones in cui lo strumento è pienamente inserito in un dialogo cameristico. Madrigal è pianista fine e consapevole della scrittura guastaviniana, messa in luce attraverso un’attenzione rigorosa alla parte vocale e un approccio estremamente rispettoso del testo musicale. L’intensità lirica di ogni canción è ottenuta per mezzo di una costante ricerca di orizzontalità nel fraseggio, impreziosita da un certo gusto per l’effetto sonoro: è il caso de Las achiras coloradas, settimo brano del ciclo Flores Argentinas, in cui Madrigal ricorre a un suono fluido e trasparente che sembra imitare le timbriche e i modi di produzione sonora della chitarra, strumento spesso evocato e stilizzato nelle opere dei compositori argentini, dato il suo profondo valore simbolico nell’immaginario culturale del Paese.
Un’ulteriore nota di merito riguarda la qualità della registrazione, chiara e nitida, che consente di apprezzare il bell’equilibrio dei volumi tra voce e pianoforte. Ciò testimonia la cura particolare del duo nelle scelte relative al sistema di amplificazione, disposto in modo da creare una dimensione sonora capace di suscitare un contatto efficace e intenso fra l’anima degli artisti e le anime del pubblico.
Guastavino: Song Cycles si presenta dunque come un lavoro autorevole su un repertorio di alto valore artistico, ma forse non ancora del tutto familiare al pubblico italiano ed europeo. Il disco di Letizia Calandra e Marcos Madrigal offre all’ascoltatore curioso ed esigente un’iniziazione di alto livello al linguaggio di Carlos Guastavino ed è probabilmente destinato a diventare un must della produzione discografica attuale dedicata al compositore argentino. La commistione fra una scrittura post-romantica e le reminiscenze della musica folclorica argentina trovano una fortunata sintesi nel repertorio guastaviniano, che gli interpreti valorizzano grazie ad un’attenzione sistematica agli aspetti ritmico-agogici presenti nel testo, poetico e musicale, e a un lavoro accurato sul colore sonoro, il fraseggio e la fusione timbrica fra la voce e il pianoforte.

Nota alla presente critica :
Non sempre gli studi su Carlos Guastavino sono di facile reperimento in Europa. Pertanto, desidero ringraziare la Professoressa Nancy Roldán, pianista, già docente del Peabody Conservatory of the John Hopkins University (USA), fondatrice del collettivo Sonus Guastavino e fra i massimi esperti del repertorio guastaviniano, per avermi messo a disposizione del materiale unico e prezioso, la cui consultazione è stata fondamentale per la scrittura di questa recensione.

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Autor: Pedro de la Hoz | [email protected]
28 de mayo de 2020

La carrera internacional del pianista cubano Marcos Madrigal se muestra indetenible, como lo prueba la reciente puesta en circulación del álbum Songs Cycles (Ciclo de canciones), del argentino Carlos Guastavino, donde complementa la voz de la soprano italiana Letizia Calandra y el inminente estreno de Songs of Nature and Farewell (Canciones de naturaleza y despedida), por el trío Hemisphaeria, del cual forma parte.

El ciclo de Guastavino, a disposición en plataformas digitales, tuvo su primera audición en Cuba este mayo, durante una transmisión especial del programa Estudio 9, de cmbf Radio Musical Nacional, en la que el talentoso pianista dialogó, además, con el realizador Helson Hernández, para ofrecer detalles de la grabación.

La cálida y sensible interpretación de las obras vocales por Calandra, una de las jóvenes cantantes de mayor relieve en la escena lírica italiana, encontró en el acompañamiento de Madrigal no solo un magnifico soporte, sino la posibilidad de articular un discurso camerístico de altísimo nivel.

Compositor esencial en la vida musical latinoamericana del siglo pasado, Guastavino cultivó la canción a partir de la obra del notable poeta español Rafael Alberti –sumamente reconocida la versión de Se equivocó la paloma- y de su compatriota rioplatense León Benarós.

Lo interesante del acercamiento de Calandra a su obra consiste en romper la hegemonía de tenores y barítonos en la interpretación de la obra vocal de Guastavino.

Para el 12 de junio próximo se espera la difusión, en las plataformas iTunes y Spotify, del primer disco del trío Hemisphaeria, integrado por Madrigal en el piano, el cellista Roberto Mansueto y la soprano Damiana Mizzi.

El fonograma, al que contribuyó especialmente el flautista Andrea Oliva, toma su título de una obra del compositor inglés James Francis Brown, escrita en 2011 para soprano, flauta cello y piano, luego de que el autor descubriera que Camille Saint-Saens, además de haber sido un destacado compositor, también publicó un libro de poemas.

Podrán escucharse dos obras del francés Maurice Ravel, Chansons madecassés (1925-1926) para voz, piano, cello y flauta, y La flute enchantee, pieza intermedia del ciclo de canciones Scherezade (1904), y de la rumana Liana Alexandra, Chant d’amour de la dame à la licorne, para soprano, cello y piano.

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Da “Musica” 240 – Ottobre 2012 - Recensione di Giovanni Andrea Sechi

«Scarlatti a Napoli» (musiche di Pergolesi, D. Scarlatti, Vinci e altnn)
soprano Letizia Calandra
chitarra barocca Michele Pasotti
clavicembalo Francesco Cera

Rimini, Complesso degli Agostiniani, 2 e 13 agosto 2012

Col passare degli anni la Sagra Mu­sicale Malatestiana sta conquistando il pubblico del repertorio barocco con proposte memorabili, come il ciclo . K. Scarlatti ., ispirato al compositore e clavicembalista na­poletano.
Esplora orizzonti più ampi il vir­tuosissimo Francesco Cera. Nel programma del 13 agosto, ha posto a confronto brani che svelano in­fluenze napoletane tradizionali e spagnole nelle sonate per clavicem­balo di Domenico Scarlatti. In un programma che insegue un fil rouge così ricercato, è preziosa la compli­cità di Cera con il soprano Letizia Calandra e il tiorbista Michele Pasotti, che hanno offerto un'esecu­zione all'argento vivo. Immaginan­do l'allestimento di un concerto di un salotto del Settecento napoleta­no. i musicisti si sono mossi con di­sinvoltura assoluta dalle arie buffe di Vinci (Le cecaiofauzo) e di Pergolesi (La frate 'nnamorato), alle vil­lanelle (come le famosissime “La morte de mariteto”, “Lo guarraci­no” e “Michelemmà”), alle sonate di Scarlatti con cui queste composi­zioni condividono materiale tema­tico o semplici suggestioni. L'altissi­mo interesse delle composizioni proposte e l'interpretazione gene­rosa degli interpreti (sincera e coin­volgente, nel canto e nel gesto. la performance del vulcanico soprano partenopeo) hanno fatto di questo l'appuntamento più memorabile della rassegna.

Giovanni Andrea Sechi

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Le 19 janvier 2013 par Frédéric Muñoz

Ce disque nous rappelle tout ce que doit Domenico Scarlatti à sa terre natale napolitaine. Certes nous connaissons bien sa période espagnole où, de Séville à Madrid, il écouta et s’inspira des thèmes et des rythmes de l’Ibérie. Dans de nombreuses sonates, le chant du flamenco n’est pas si loin, et nombre de ses disciples suivront ses enseignements, dont le Padre Antonio Soler, le plus célèbre d’entre eux. 
Ici le claveciniste Francesco Cera propose un choix original d’une dizaine de sonates pour le clavier, choisies parmi ses 555 numéros, dont l’inspiration prend tout spécialement naissance dans des musiques issues du chant populaire napolitain. C’est toute la jeunesse de Scarlatti qui s’exprime ici, puisant mélodies et rythmes caractéristiques d’une effervescence ambiante hors du commun. La tarentelle n’est pas loin, ni la fameuse sicilienne avec son célèbre rythme à 6/8. On perçoit même certaines ramifications jusqu’à Händel, notamment dans l’air « Quand naquit l’enfant » d’Alfonso de Liguori, si proche d’un autre évoquant la nativité dans l’oratorio le Messie.
Afin d’illustrer au mieux ce rapprochement révélateur, notre claveciniste a proposé à la soprano Letizia Calandra de chanter quelques thèmes populaires napolitains. L’effet est instantané, évident même, Scarlatti ayant puisé directement son inspiration de plusieurs situations musicales. On appréciera la rhétorique des musiciens, depuis le jeu fougueux et chantant du claveciniste, porté par un instrument d’exception, d’esthétique napolitaine, bien entendu, précis, percutant, et envahissant à souhait l’espace sonore. Letizia Calandra elle, est parfaite dans son rôle, vibrant et sensuel, n’hésitant pas à dévoiler toutes les couleurs de sa voix, même dans les registres les plus graves, qui apportent une diversité et un panache époustouflants. Le luth apparaît ici ou là, en fonction des besoins pour dialoguer et compléter le jeu du clavecin, Michele Pasotti adopte un jeu raffiné et toujours efficace dans ses accents.
La voix de Letizia Calandra est captée avec beaucoup de présence, dans la belle acoustique de l’église de Colle di Torra. L’image sonore du clavecin est très large, enrobante, depuis le grave jusqu’à l’aigu. L’alternance des pièces inspiratrices et des sonates est de plus très harmonieuse sur le plan musical, et de plus, grandement pédagogique. Cet enregistrement est une pièce d’importance dans la connaissance du génie scarlatien.

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MUSIC WEB NOVEMBER 2017
Stuart Sillitoe

I did not originally request this disc for review; it came with a yellow post-it note from Len stuck to it saying “try me”, and I am glad he sent it! I have now listened to it about ten times and every time I do I find something else to add to my enjoyment of this disc.

The villanella is form of Italian secular song that originated in Naples in the mid sixteenth century and is not to be confused with the French courtly song, with the Italian version sometimes being more folk-song or rustic-orientated in character. The subject of the villanella however was often satirical, light hearted and even comical, and thus a far cry from the French forms of courtly love song. The villanella was very popular in its day and was a great influence upon the development of the canzonetta and madrigal.

Of the composers represented here, only Orlando di Lasso is well known, although I dare say that Matona Mia Cara might come as a shock to people who only know his religious music. Here the rollicking rhythm and catchy refrain are the complete opposite of what he is known for. The other named composers are, I must admit, new to me, but they show a full range of romantic and exciting music, all of which is more than interesting, and clearly shows the origins of the madrigal.

Often in discs of music like this the singer has a voice that is too big and operatic for the songs, but not here, Letizia Calandra has a clear soprano voice and is able to adapt and colour it to fit the particular requirements of the individual songs. In the second track, the anonymous ‘Boccuccia D'uno Persic' Aperturo’, she is called upon to show her full range, from the slow tender opening of the song to the exciting conclusion, something she does with ease. She is accompanied wonderfully by the Ensemble Arte Musica, who perform on appropriate instruments. The recorded sound is excellent, allowing every nuance of the vocal and instrumental lines to come to the fore. If there is one drawback with this release it is the documentation: the accompanying booklet notes, though brief, are informative, however, the sung texts are only available from Brilliant Classics’ website, the problem being that there are no translations included, something that is essential with repertoire like this.

Stuart Sillitoe

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"...un cd di grande impatto, che ricrea in modo mirabile le atmosfere rinascimentali..."
di Marco del Vaglio 03 11 2017

Nata a Napoli nella prima metà del Cinquecento, la villanella o canzone villanesca, era così chiamata per gli argomenti che caratterizzavano i diversi brani, di origine rustica, volti spesso a mettere alla berlina sia i pezzi “seri” in auge al momento, sia figure e comportamenti degli abitanti delle campagne, definiti “villani”.
Il genere, almeno inizialmente circoscritto in ambiti nobiliari, si diffuse velocemente in tutte le corti europee, grazie alla sua gradevolezza e vivacità, ed anche al fatto che, all’epoca, Napoli era un fondamentale crocevia culturale, meta ambita di musicisti provenienti anche da nazioni lontane.
La villanella si ammantò ben presto anche di un significato politico, in quanto l’uso della lingua napoletana venne considerato, dalla nobiltà locale che, con il passaggio della città dagli aragonesi agli spagnoli aveva perso molto del suo peso, una sorta di resistenza ai nuovi dominatori.
Nel complesso siamo di fronte ad un repertorio ancora oggi contraddistinto da grande fascino, al quale il maestro Francesco Cera ha voluto dedicare una serie di approfondimenti, sfociata in un cd della Brilliant Classics (distribuita in Italia da Ducale Music) dal titolo “Erotica Antiqua”, dove il noto clavicembalista, con il suo Ensemble Arte Musica, accompagna il soprano Letizia Calandra in un suggestivo viaggio storico-musicale.
La panoramica comprende brani di autori napoletani (alcuni anonimi), di compositori non locali che comunque avevano soggiornato per un certo periodo a Napoli, ed anche lavori di musicisti che, pur non avendo mai frequentato la corte partenopea, erano comunque rimasti particolarmente colpiti dal genere.
Il disco si apre con uno dei pezzi più famosi, Villanella che all’acqua vai, che si deve a Giovanni Leonardo Mollica (ca. 1530–1602), noto anche come Giovanni Leonardo “Dell’Arpa” per la sua grande abilità nel suonare tale strumento.
Di lui si sa soltanto che nacque e morì a Napoli, dove portò avanti buona parte della sua carriera, e fu attivo a Roma per una quindicina di anni.
Relativamente alla sua produzione, sono giunte fino a noi 24 villanelle, stampate insieme a brani di altri compositori tra il 1565 e il 1570.
L’incisione prosegue con un gruppo appartenente a quella che è considerata, pur se si tratta di una riedizione, la prima raccolta di villanelle (in totale quindici, di autori anonimi, alcune delle quali in lingua napoletana, altre in ibrido italiano-napoletano), pubblicata a Napoli nel 1537 da Giovanni da Colonia e attualmente conservata presso la Herzog August Bibliothek di Wolfenbüttel in Bassa Sassonia.
Ad essa appartiene la celeberrima Boccuccia d’uno persic’ aperturo, dove la bocca femminile viene paragonata a una pesca sul punto di maturare, una delle tante metafore presente nei testi per descrivere la sensualità femminile, il che giustifica l’appellativo scelto per contraddistinguere il disco.
Altro autore “autoctono” risulta Giovanni Domenico Da Nola (ca. 1515-1592), maestro di cappella alla SS. Annunziata di Napoli, dal 1563 alla fine dei suoi giorni, che nel 1541 pubblicò due libri di Canzoni Villanesche a tre voci, dove trovarono posto Fontana che dai acqua e Fuggit’ Amore.
Bolognese era invece Filippo Azzaiolo, vissuto nel XVI secolo, del quale si conosce pochissimo, tranne che pubblicò tre libri di Villotte, editi da Antonio Gardano a Venezia, i primi due anonimi (datati rispettivamente 1557 e 1559), mentre il terzo, risalente al 1569, sotto il suo nome.
Per quanto riguarda le villotte, le potremmo definire “villanelle del Nord”, in quanto legate a figure strettamente locali, come si evince da Girometta senza te non viverò.
I successivi quattro brani (Matona mia cara, ‘Sto core mio, Madonna mia, pietà e O occhi manza mia) attingevano alla produzione profana del fiammingo Orlando Di Lasso (ca. 1532-1594), sicuramente più noto per i suoi brani sacri, che soggiornò a Napoli presumibilmente fra il 1549 ed il 1552.
Penultimo autore preso in considerazione Baldassarre Donato (ca. 1529–1603), illustre esponente della scuola veneziana che ricoprì il ruolo di maestro di Cappella della basilica di San Marco dal 1590 al 1603, rappresentato da Chi la gagliarda.
Chiusura nel segno del partenopeo Andrea Falconieri (ca. 1585-1656), che studiò nella città natale (forse con Jean de Macque), e poi a Parma con il liutista virtuoso Santino Garsi.
Dopo aver girato varie corti italiane e straniere, tornò a Napoli, dove terminò la sua carriera, stroncato dalla peste nel 1656.
Di questo prestigioso musicista sono proposte O bellissimi capelli, Vezzosette e care pupillette ardenti e Occhietti amati, dal Primo libro di Villanelle, pubblicato nel 1616 a Roma.
Uno sguardo ora agli esecutori, partendo dal soprano Letizia Calandra, dotata di una splendida voce, che riesce a fornire un’interpretazione intensa e passionale dei diversi brani, mantenendosi nell’alveo di una grande raffinatezza e a evitare lo sconfinamento nel cattivo gusto e nella platealità, che in questi casi sono costantemente in agguato.
Un compito facilitato dall’ottimo apporto di una compagine affiatata e di altissimo livello come l’Ensemble Arte Musica, formato da Francesco Cera (direttore e clavicembalo), Serena Bellini (flauti), Michele Pasotti (viuhela e tiorba), Francesco Tomasi (chitarra rinascimentale e chitarra barocca), Silvia De Maria (viola da gamba e lirone) e Massimiliano Dragoni (percussioni e salterio).
In conclusione un cd di grande impatto, che ricrea in modo mirabile le atmosfere rinascimentali, mettendo in evidenza un genere grazie al quale Napoli conquistò per la prima volta il mondo musicale europeo.

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Prefazione al cd EROTICA ANTIQUA NEAPOLITAN VILLANELLAS
di ALESSANDRO TAVERNA

Un viaggiatore inglese ha identificato la terra delle villanelle: “In the
higher part of the realm of Italy is a country named the Kingdom of
Napoli. The uplandish or country people of the wich country have a
certain kind of music, the wich differeth from all others in Italy”.
Che quel genere di musica definisca un paese altrettanto bene che
la qualità dell’aria e la differenzi dal resto del paese lo si desume
dalle pagine autobiografiche scritte da Thomas Whythorne negli
anni Settanta del Cinquecento. Riconoscere i confini entro cui è
praticata una forma musicale è forse un carattere altrettanto
distintivo dei filari di ulivi la cui presenza delinea l’area del
Mediterraneo.
Che la linea della voce possa doppiare la linea dell’orizzonte e che
la musica possa diventare una diretta emanazione del clima e della
popolazione? Da altri testimoni le villanelle hanno origine che
consiste nel richiamare un ascolto con il semplice atto di provocarlo.
“Gruppi di musici gareggiavano l’uno con l’altro nel cantare cose
villanesche… Giravano per le vie, improvvisando versi e canzoni in
onore delle belle donne che vedevano alla finestra e rendeano una
suave armonia con dilecto de quelli che la potevano udire.”
Al di là dell’amplificazione sensoriale, le “cose villanesche”
sembrano presupporre che la musica nasca fuori da ogni controllo,
per generazione spontanea, all’insegna di un farsi e disfarsi a
misura del desiderio e delle pulsioni più immediate. Come darsi
ragione della fortuna di una simile forma se non interrogandosi sul
loro contenuto. Che cosa cantano le villanelle? A fare un inventario
dei temi trattati, è facile concludere che manca all’appello tutto
quello che è nominato dalla lirica italiana da Petrarca in poi, e c’è
tutto il contrario di una poesia che vaporizza il corpo dell’amata e si
cura di selezionare con attenzione le parole con cui esprimere
questo stato di sublimazione dove a contare sono lacrime e sospiri.
Con le villanelle le chiare, fresche e dolci acque si intorbidano
continuamente e hanno origine incerta. Tanti i liquidi dubbi, le
secrezioni e fuoriuscite da recipienti sbreccati, i vasi rotti da chi non
si sa. L’eros trabocca.
Come cantano le villanelle? Se un madrigale è concepito per
conservare la poesia nello spazio, a furia di moltiplicare le voci, si
potrebbe dire che la villanella raccoglie tutto quello che la lirica di
matrice petrarchesca esclude sistematicamente dal discorso E così
la voce non si eleva da sola nel più puro intreccio polifonico: la
villanella le fa prendere tutto un altro peso. Nella sua sorte spuria e
contaminata, la villanella si vale di strumenti per accompagnare il
canto con cui si ritocca terra.
Un portentoso elenco lo tramanda Giovan Battista Basile nel Cunto
de li Cunti. Con uno stuolo di servitori richiamato dall’ordine di un
principe compaiono strumenti che non figurerebbero mai nelle più
auliche allegorie della musica.
“E subeto na mano de serveture vennero leste co tammorielle,
culasciune, cetole, arpe, chiuchiere, vuottafoche, crocro,
crapenziere e zuche-zuche…”
Difficile rendere più concreto un origine tanto umile per tutti questi
strumenti da cui sembra difficile separare la sostanza del canto, la
sua radice popolare. Il ritmo del tamburo prende il sopravvento sul
liuto e sulla tiorba e si carica di un significato la promiscuità di
strumenti alti e bassi, il miraggio di una terra alleviata dal canto.
Le villanelle si affermano quando i resoconti dal Nuovo Mondo
portano a sovrapporre Indios e figure prese in prestito dall’antichità
classica con un groviglio di corpi che lottano, cavalcano e fanno
all’amore, seminudi. Prendono il sopravvento i riferimenti sessuali e
le immagini del corpo lasciano liberi gli istinti. L’eros sconfina.
La stagione delle villanelle sembra confinata ad una stagione tanto
intensa quanto contagiante. A tracciarne un arco cronologico tocca
ricorrere aa quanto tramandano fonti dalla musica a stampa. La
prima raccolta è datata 1537.
Se la poesia italiana ha ripudiato sdegnosamente le villanelle, la
metrica può restare ancora viva per forgiarne qualche tardivo
esemplare in pieno Novecento. Se ne asterrà Montale, ma non
James Joyce o Dylan Thomas.
Quel che le pagine della raccolte a stampa non potrà mai rendere
pienamente conto è il richiamo ad un universo di suoni
impareggiabile. Il mondo delle villanelle è votato allo scialo e alla
dispersione. L’influsso di un mondo di gesti e di situazioni crea una
scena di passione, un teatro di desiderio. Permane l’eco di una città
descritta mescolando popolo e aristocrazia, palazzi e campagne.
A fine Cinquecento La Prattica di Musica redatta da Ludovico
Zacconi non prova ad attenuare l’anomalia delle villanelle.
Anomalia che non si può scindere dalla forma e che come recita il
titolo di un capitolo della sua opera portano “a contraddire e a non
essere soggette alle regole musicali”.
La villanella è un invito ad un mondo di libertà. Del resto è lo stesso
teorico a non arretrare all’ipotesi che le villanelle siano state colte a
volo. Nelle ragazze al lavoro nelle campagne si imbatterebbero
musicisti di passaggio. “Verginelle” e “canti sollazzevoli e di lavoro”
vanno a formare un’immagine che oscilla tra un lavoro da
etnomusicologi e da posseduti dalle ninfe.
Alla vera terra delle villanelle, dove la nobiltà è descritta per “una
grandissima superbia, una gran pompa ed una estrema vanagloria”
si può giungere per davvero o semplicemente a forza di
immaginazione, ma non è sempre agevole procurare
un’acclimatazione della forma musicale a climi più rigidi. Accade a
ad un musico che a Napoli arriva all’apice della carriera
accompagnato dalla fama di severo autore di musica sacra. A
Napoli Orlando di Lasso arriva e presta servizio presso le case
nobiliari dove la pratica musicale non è sempre circoscritta
all’interno delle mura, ma si specchia e si riflette nelle sonorità dei
cortili e delle strade. Centinaia e centinaia di villanelle a lui attribuite
attestano la condivisione di una forma ossessivamente riproposta,
ribattuta, su quel ritmo semplice che rilancia sillabe e rime. Ma una
tale produzione, a confermare del ricambio tra colto e popolare nel
canto delle villanelle, sembra dimostrare piuttosto una resa
incondizionata al Sud.
È la convergenza con le parole del filosofo Ernst Bloch, un secolo fa
intento ad attraversare l’Italia e ricavarne i caratteri essenziali,
proprio nella dimensione che con una voce ricrea un teatro di
specie particolare: “mai chiuso su se stesso, ma aperto sulla strada,
nell’aria che fa da primo reagente. Esuberanza della lingua e della
musica che sa liberarsi dei contorni. Ed intreccio di tutte le cose che
non stanno mai ferme nella luce”.
Alessandro Taverna

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LETIZIA CALANDRA È UNA SINTESI DELLA BELLEZZA VOCALE, DELLO STILE E DELLA SUBLIMAZIONE DELLA PAROLA CHE ATTRAVERSO UN CANTO CHE SCORRE COME FRESCHE ACQUE TRA SOLIDE RIVE, TRACCIA IL DIAGRAMMA DELLA GRANDE INTERPRETAZIONE MUSICALE.

DI FAUSTO TENZI

Una immagine e una metafora per definire l’abbraccio ideale con l’aureo mosaico della musica, da quella antica, al barocco, ai grandi classici, all’800 operistico, fino ai contemporanei. Dall’ascolto della sua numerosa discografia, emerge una delle più belle pagine vocali della letteratura musicale antica “Amarilli, mia bella” di Giulio Caccini.
Di questo capolavoro, Letizia Calandra ci restituisce una interpretazione intensa e passionale, mantenendosi nell’alveo di una grande raffinatezza espressa con un rigoroso “suono vocale” privo di inopportune vibrazioni.
Un processo fisiologico della fonazione vocale che così elaborato dalle “aree del piacere” della mente, così la caratterizza.
Napoli, crocevia culturale europeo già a partire dal XVI secolo, dove nasce una forma di canzone profana, dal contenuto rustico, comico e sovente satirico “La Villanella”. Nel tuo ultimo cd “Erotica Antiqua”
Neapolitan Villanellas, edito da Brillant Classics, appaiono autori come Orlando di Lasso e Andrea Falconieri. Nel cd dedicato a Domenico Scarlatti e alle canzoni napoletane antiche, proponi un originale
contaminazione tra colto e popolare. Ti senti erede dell’affascinante mondo culturale di una Napoli immutabile nel corso dei secoli?

«La Scuola Napoletana fu una vera sorgente musicale per tutta l'Europa, a partire dalle sue origini nel secolo XVI dove nasce la prima forma di canzone napoletana, chiamata “Villanella”. Nel mio ultimo abbiamo scelto 20 villanelle a contenuto erotico neanche lavoro, troppo sottointeso. “Matona mia cara” scritta da un autore colto e dedito alla musica sacra come Orlando di Lasso ne è uno straordinario esempio. Questa villanella, narra le gesta di un soldato Lanzichenecco che arrivato a Napoli esprime tutti i suoi ardori ad una pulzella “…ficcar tutta la notte, urtar come monton…”, piuttosto che la disperazione di una giovane fanciulla per la perdita della sua verginità “…me s’è rotta la cicinnatella “ nella “Sia maleditta l’acqua stamattina”, oppure l’Eros al gusto di frutta che ci rimanda a
“Boccuccia de nu pierzeco apreturo”, con l’allegoria della bocca di una fanciulla ad immagine poetica ed erotica di una pesca ancora non del tutto matura, da cui sgorga il latte, che desidera essere dischiusa da mani sapienti. Nel mio altro cd dedicato alla Napoli antica “Scarlatti and the neapolitan songs” (Brilliant Classics 94488 ) anche questo
(/media/k2/items/cache/3d3b7d5d68132cc424920deb43e754bb_XL.jpg)
realizzato grazie alla preziosa collaborazione dello straordinario cembalista bolognese innamorato di Napoli, Francesco Cera, abbiamo voluto mettere in risalto quanto l’influenza della canzone popolare napoletana (e non
solo quella della musica popolare spagnola di cui si parla sempre) sia stata determinante nella produzione di sonate per cembalo di Domenico Scarlatti. A riprova di ciò, abbiamo scelto e abbinato per ogni sonata una
canzone, e il risultato è sorprendente». La canzone popolare partenopea è alle origini della grande scuola napoletana settecentesca.
Nella mia carriera ho avuto la fortuna di interpretare moltissimi ruoli in opere di autori come Jommelli, Pergolesi, Cimarosa, Paisiello, Traetta, Leo, Porpora, Mercadante, autori senza i quali il Genio di Mozart non sarebbe stato lo stesso. Purtroppo anche il patrimonio musicale del Settecento napoletano è stato dimenticato a favore dal melodramma ottocentesco. L’Italia non ha mai fatto nulla per rivalutare tutto questo, ma
negli ultimi anni questi autori sono riemersi grazie all’impegno del Maestro Riccardo Muti che con la sua autorevolezza ha potuto riproporli in contesti adeguati».

Le più celebrate romanze napoletane, vengono proposte sostanzialmente da possenti voci tenorili, che pure affascinanti, quando a interpretarle è un indimenticato e inarrivabile Giuseppe di Stefano (basti pensare a “Core n’grato”, “Na sera e maggio”, “Torna a Surriento” o l’icona massima “O Sole mio”) dove tuttavia è facile lo sconfinamento nella platealità e nel cattivo gusto, costantemente in agguato. Dove sta la giusta
misura per queste meraviglie vocali. Forse le intime, sommesse interpretazioni di Roberto Murolo, Fausto Cigliano o Carlo Buti?

«Tutti cantanti straordinari per mille motivi diversi, ma ce n’è uno tra tutti che reputo sia stato il più grande per bellezza vocale e raffinatezza interpretativa: sto parlando di Sergio Bruni. Questo incredibile artista di origine contadina, a oltre sessanta anni di età ci ha lasciato forse la più bella raccolta di canzoni napoletane, mi riferisco all’antologia napoletana curata dal Maestro Roberto De Simone. L’Italia si è dimostrata troppo spesso
irriconoscente nei confronti dei suoi grandi artisti, Sergio Bruni non è stato adeguatamente riconosciuto in vita ed è stato ingiustamente dimenticato da morto e la lista è lunga! Napoli ha le sue gravi responsabilità in tutto questo. La canzone napoletana, attraverso 500 anni di storia, rappresenta la nostra identità culturale e dovrebbe essere considerata la nostra musica da camera, come fanno i tedeschi con la liederistica e andrebbe finalmente eseguita in contesti riservati alla musica classica.
Per troppo tempo, la canzone napoletana ci è arrivata attraverso brutte
interpretazioni sconfinanti nel cattivo gusto e nel solito cliché di una Napoli esageratamente folkloristica.
Della Napoli colta e del suo immenso patrimonio musicale si sa poco o niente e nessuno in Italia è disposto ad investire in questo.
Da anni mi dedico alla riscoperta dei grandi classici della letteratura napoletana, spiegando i testi e raccontando le storie durante i miei concerti. Tecnicamente ho lavorato per sottrazione, convinta che in questo
repertorio l’eleganza e la semplicità di una bella voce non impostata, accompagnata anche solo da una chitarra,
bastino a trasmettere tutta l’emozione che queste canzoni richiedono.
Nei miei cd dedicati a Napoli ho avuto la fortuna di avvalermi della collaborazione di splendidi musicisti, tutti provenienti dalla musica classica come Francesco Cera e il suo ensamble barocco ArteMusica, il pianista Cubano Marcos Madrigal e il grande Fausto Cigliano.
Purtroppo la canzone napoletana, che tutto il mondo ci invidia, muore sotto l’indifferenza e l’ignoranza di un Italia e dei napoletani, che alla loro storia musicale antepongono il pop e altre forme di esterofili mode che non
hanno niente a che vedere con la nostra identità culturale».

Nelle partiture dei grandi capolavori operistici, sono definiti la drammaturgia, il contesto storico, i luoghi e l’azione scenica, chiaramente tracciati dalla composizione musicale. I valori musicali puntati nel testo e
nell’accompagnamento orchestrale nell’aria di Alfredo nel secondo atto della Traviata, palesano un cuore giovane che batte per amore. Il grandioso tema conduttore nel Don Carlos verdiano, evoca la cupa
grandezza di un mondo dominato dal potere dalla chiesa e l’impotenza di Don Carlos combattuto tra la ragione di Stato e un amore impossibile.
I guizzi del “Fuoco di Gioia” del primo atto dell’ Otello di Verdi,
evocano chiaramente scontri di calici di peltro, vino e odore di cuoio, ritmo ossessivo e scontro di sciabole fra Saraceni o la turchesca rabbia ivi trasfusa! Tutto ciò è insito nella composizione musicale. Quale vuole
essere il messaggio di una Boheme o di una Traviata svolti in una stazione ferroviaria?

«Lo stravolgimento temporale, scenografico e costumistico, ma prima ancora “drammaturgico” di un opera lirica
non mi convincono completamente. Tuttavia se all’origine di uno stravolgimento ci fosse un’idea valida la cosa potrebbe diventare interessante, ma purtroppo spesso si vedono solo provocazioni fine a se stesse, fatte per far parlare e mettere in risalto l’ego smisurato di certi registi a discapito di tutti. Prima di imporre scenari “scioccanti” e spesso “squallidi” oramai divenuti anche “scontati” sarebbe meglio dimostrare di saper fare bene una ricostruzione d’epoca e di avere più rispetto per la tradizione. In alcuni casi un ritorno all’antico e alla tradizione rappresenterebbe il vero progresso».

“O bellissimi capelli”, “Vezzosette care pupillette”, “Occhietti amati” di Andrea Falconieri: tre stupende
miniature vocali presenti su un tuo cd, richiamano l’immagine di un paradiso lontano con giardini e petali di rose che si chinano sotto il peso di una goccia di rugiada, in un umile e silenzioso omaggio all’equilibrio e
alla bellezza. Che cosa ha in comune l’immagine di questa spiritualità musicale di un mondo così lontano, con un tempo che propugna a tamburo battente, una sequela di rozzezze?

«Quando ascolto Monteverdi, Gesualdo, Frescobaldi, Sigismondo d’India… mi viene una profonda malinconia,
perché in quelle armonie di perfetta bellezza ritrovo un po’ di quel paradiso perduto. Oggi la musica non ha più l’importanza che aveva un tempo, il mondo è cambiato. I geni del passato si chiamavano Leonardo, Raffaello,
Michelangelo, Mozart, nel tempo della tecnologia si chiamano Steve Job, Larry Page, Sergey Brin, Mark Zuckerberg, Bill Gates. A fronte di una condivisione molto più veloce e democratica di informazioni e possibilità, si
sono persi i riferimenti che per secoli indicavano bellezza e armonia. Le persone oggi non distinguono più il bene
dal male, il bello dal brutto, non si hanno più punti di riferimento e si inseguono i falsi modelli dell’apparire e dell’avere. Un tempo, la gente semplice era consapevole della propria ignoranza, ma allo stesso tempo era
custode di una “cultura popolare” importantissima per la nostra identità, oggi si è persa anche quella e le persone oltre che ignoranti sono diventate pure strafottenti. In un periodo come questo è fondamentale offrire al pubblico bellezza e cultura ma in Italia questo è diventato difficilissimo. La classe politica italiana, la scuola, i media, coloro che detengono il potere hanno una grossa responsabilità in tutto questo…il discorso sarebbe lungo».

I cantanti lirici, diversamente dagli strumentisti, sono relegati in categorie o caratterizzazioni vocali vagamente muscolari, definiti soprani, tenori, baritoni o bassi, ora drammatici, eroici, lirici, leggeri con
“voce verdiana” “voce in maschera” “voce di petto” e così via, che se pure cercano di spiegare la tecnica della fonazione, pare escludano l’origine fondamentale della voce, ossia il processo fisiologico da cui nasce
la parola, la spiritualizzazione della stessa che diviene canto, colore e interpretazione. In sostanza il cantante professionista non può che essere intelligente, perché è la musica a richiederlo. In quale posizione
di tecnica vocale ti riconosci?

«Nel mondo della lirica, si lavora per rendere le voci, grandi, scure, potenti, con il risultato di costruire voci tutte uguali e artefatte. Spesso si chiede ai cantanti di interpretare repertori non adatti alle loro possibilità vocali,
rovinando per sempre belle voci e questo spiega la brevità di certe carriere. Ho sempre ricercato la naturalezza e la purezza della vocalità, nella convinzione che nella voce cantata si dovesse riconoscere il timbro naturale della voce parlata. Una volta acquisita una buona “tecnica” bisogna essere interpreti e soprattutto “artisti intelligenti”.
Ciò significa anche saper scegliere, a seconda del repertorio, il giusto colore, il vibrato, il tipo di emissione che
stilisticamente il brano richiede, cercando di rispettare sempre, la musica e il testo. Ma più che un processo solo di
muscolatura, mi piace pensare che sia il cervello a dare un comando e a realizzare il suono o la frase giusta. Poi c’è l’aspetto più interessante, che nessuno può insegnare, trasmettere un’emozione. Ci sono artisti che “passano” e artisti che “non passano”».

Come si pone oggi un giovane musicista serio, intelligente, preparato, a fronte di un sistema di mercato che
promuove attraverso i media, disarmanti mediocrità sdraiate sul nulla, se poi queste vengono correlate agli
inarrivabili miti di un glorioso passato? Basti un nome su tutti quale simbolo di un intero periodo. MariaCallas.

«Viviamo in un tempo dove modestissimi “musicisti” che in altri tempi non sarebbero stati presi neanche in considerazione, diventano delle star. Gli italiani, sempre più ignoranti e pigri, ignorano, snobbano e dimenticano i
loro “grandi artisti” per genuflettersi al cospetto di nullità. Il mondo dello spettacolo e dello show business è riuscito a far passare dei modelli incredibili a danno anche dei grandi miti del passato, oggi ingiustamente
dimenticati. Provate a domandare a un giovane chi è stato Giuseppe Di Stefano! La cosa che mi addolora molto è vedere quanto in tutto ciò siano compartecipi i media, e le istituzioni. La gente riconosce solo quello che passa in televisione, se non ti vedono in tv semplicemente non esisti».

Per i giovani e non solo, l’accesso alla carriera è assai arduo e sovente determinato da “pedaggi” che poco hanno a che vedere con i meriti (I Mercanti della Lirica di Norman Lebrecht. La Repubblica 22.09.97 pag. 23
sezione cultura – Leonetta Bentivoglio). Anche se oggi emergono talenti con dei meriti che tuttavia possono essere assoggettati a qualche regola non scritta. Dopo una intensa attività di palcoscenico
operistico e nel pieno possesso vocale, ti sei dedicata alla attività concertistica nel repertorio barocco , alla
ricerca di rarità delle canzoni napoletane classiche e alla pubblicazione discografica. Quali sono le ragioni di
questo tuo abbandono spontaneo dell’attività teatrale? Ci puoi parlare delle tue esperienze positive o negative?

«La carriera di un giovane cantante lirico oggi dipende esclusivamente dagli agenti e dai direttori artistici dei teatri, sono loro che decidono chi “deve” e chi “non deve” fare carriera. Anni fa, feci un’audizione con un noto agente
italiano, eravamo nel suo ufficio dove mi accompagnò personalmente al piano e dopo aver cantato varie arie di diverso repertorio mi fece accomodare in un’altra stanza e mi disse con molta franchezza: “Lei ha una bella voce, canta bene ed è anche una bella donna, sarò sincero con lei, se vuole fare carriera ha tre possibilità: la prima è che lei abbia un padre, un marito o un amante politico; la seconda possibilità è quella di foraggiare i direttori artistici dei teatri facendo trovare nelle scatole dei cioccolatini biglietti da cinquecento euro; e la terza possibilità è che lei si
renda disponibile ad incontri sessuali”. Negli ultimi anni, ho scelto di dedicare il mio tempo alla riscoperta di musiche e musicisti desueti, auto producendo tutti i miei cd. Tutto questo è stato finora possibile grazie al sostegno di musicisti e persone che condividono con me gli stessi ideali di bellezza musicale e credono che certa musica non debba essere dimenticata ma vada custodita e condivisa con più persone possibili. In questo senso una casa discografica olandese, la Brilliant Classics, ha accolto le mie proposte, stampando e distribuendo in tutto il mondo i
miei cd, contribuendo ad una importante operazione culturale. Lo avrebbero dovuto fare in Italia, ma non lo hanno fatto, anzi considerano la musica da camera e la canzone napoletana un genere che non è più di moda».

Vivi a Roma, ma hai un lungo rapporto professionale con Lugano, dove realizzi buona parte delle tue registrazioni discografiche, oltre alla tua collaborazione con la Radiotelevisione svizzera e con i Barrochisti
diretti da Diego Fasolis. Diversamente da Roma, dove molto può accadere, Lugano offre certamente un ambiente più rilassato, ottime condizioni professionali e logistiche e non da meno anche costi competitivi.
Dunque una sede ideale per fare musica…

«Lugano per me, rappresenta da oltre dieci anni, una sponda felice dove realizzare i miei progetti musicali. I prezzi sono competitivi rispetto all’Italia, la professionalità garantita e i rapporti umani molto più rilassati. Peraltro ricordo con molto piacere la mia esperienza presso la Radio Televisione Svizzera dove sono stata ospite di trasmissioni radiofoniche e dove ho inciso l’ “Ercole Amante” un opera del 1662 di Francesco Cavalli diretta dal Maestro Diego Fasolis».

Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi desideri?

Tra il 2018/2019 ho tre cd in uscita. Un tributo a Gaetano Donizetti e al suo periodo napoletano, con due cicli
completi per voce e piano, le “Nuits d'été à Pausilippe” e le “Soirées d’automne à l'Infrascata”. A proposito il mio
partner in questo cd si chiama Fausto Tenzi, lo conosci? L’altro cd “Ninna Nanna” è una raccolta di 17 ninna nanne
classiche, un viaggio dal Seicento ad oggi, attraverso grandi autori come Merula , Mozart, Schubert, Brahms ,
Puccini, De Falla, Tosti, Davico, Del Bono ecc, che si sono cimentati in questa “dolcissima” forma musicale. A
marzo, insieme al pianista Marcos Madrigal, incideremo a Lugano due cd monografici dedicati a “Carlos
Guastavino” musicista argentino del XX secolo. Il primo cd dedicato alla produzione pianistica e il secondo
dedicato due cicli di romanze per voce e piano straordinari sia per la bellezza musicale che per i testi poetici.
“Floras Argentinas”, una raccolta di dodici brani ognuno dedicato a un fiore e le “Siete canciones sobre poesias de
Rafael Alberti”. Il mio desiderio più grande è quello di far conoscere a quante più persone possibili queste musiche
meravigliose. In fondo l’esigenza di ogni artista è proprio questa, poter condividere con gli altri i propri ideali di
bellezza».

EEdiizziionnee:: Ticino Welcome 57 - Mar/Mag 2018
Pubblliiccaatto iin Personaggi (/it/personaggi)
Ettiiccheettttaatto ssotttto #tw57 (/it/itemlist/tag/tw57) #personaggi (/it/itemlist/tag/personaggi)

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"...l’emozione, la bellezza, la rifinitura del fraseggio di una voce votata al canto." di Gianni Cesarini 09 08 2019

Molti sanno che da quasi trent’anni ho lasciato il lavoro di critico musicale e vivo a Lanzarote,
interessato all’arte della guarigione e alla cura degli orti. Per cui poco so degli eventi musicali
degli ultimi tempi. Vari musicisti mi hanno inviato e mi inviano dischi o link e, poiché il lupo
perde il pelo ma non il vizio, mi sono ritrovato a scrivere su eventi musicali.
E cosí questa mattina mi appare in messenger “Il canto delle lavandaie del Vomero”
nell’interpretazione del soprano romano Letizia Calandra. Leggo di lei quale artefice d’una carriera prestigiosa però i curriculum e i premi m’interessano poco. M’interessano l’emozione, la belleza, la rifinitura del fraseggio di una voce votata al canto. E la bellezza della voce della Calandra, fatta d’una ricchezza timbrica sorprendente, muove a commozione con un canto che incanta, ammalia. Il fraseggio parte da un’emissione mai forzata, una dinamica gestita ad arte che annulla la monotonia, un vibrato ampio emesso per fini squisitamente espressivi, la scelta d’un andamento moderato che conferisce spessore ad ogni nota, rendono questo antico canto napoletano con una espressione intensa che lo colloca in un spazio senza tempo, l’antico giunge alla compiutezza formale del classicismo.
Non ho dischi della Calandra e quindi ho cercato in Youtube: c’é molto da ascoltare e appena potrò dedicherò a quest’artista il tempo che merita.
Ho però ascoltato “La palummella” dove la leggerezza lascia il posto a un canto lento che dona al brano un’atmosfera insolita e un pathos inedito.
Lo sperimentare il canto che si snoda lentamente porta a un esito
assolutamente sorprendente in “Napulitanata”.
Occorre dimenticare uno Schipa o un Bruni per cogliere l’espressione totalmente nuova d’un’interpretazione dal tempo lentissimo e i
fraseggi d’inusitata forza espressiva di un meraviglioso Fausto Cigliano che s’alterna col soprano in un cantare denso di nobile passione, che mostra un finale con le due voci all’unisono dove si fondono il bellissimo timbro baritonale di Fausto con la stupenda voce del soprano, che opportunamente si scurisce con un colore bronzeo.
E infine propongo l’ascolto della “Nana” di De Falla in una lettura da porre altezza di quelle delle grandi cantanti spagnole, ed un cenno merita anche l’accompagnamento al pianoforte di Rino Alfieri, dal tocco di bel suono e un eccellente appoggio al canto della solista.
Queste brevi note sono il preludio a uno studio critico ampio che al più presto porteró a
termine.

Gianni Cesarini 09 08 2019

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di Marco del Vaglio Critica classica 08 08 2019

Cantare una ninna nanna al bambino era, fino ad alcuni decenni fa, un’abitudine comune a tutte le mamme del mondo.
In tale ambito esiste una letteratura musicale molto vasta, alla quale hanno contribuito sia autori anonimi che grandi compositori.
Il soprano Letizia Calandra ha esplorato questo particolare genere, la cui origine si perde nella notte dei tempi, proponendo diciassette brani, incisi in precedenza dalla Gramon di Lugano, ed ora ripubblicati dalla Brilliant Classics (casa discografica distribuita in Italia da Ducale Music).
Si tratta di una panoramica compresa fra il XVII secolo e i giorni nostri, che descriveremo seguendo strettamente un ordine cronologico, anche se la successione dei pezzi nel disco risulta molto differente.
Partiamo quindi dal Seicento di Tarquinio Merula, autore di Hor ch’è tempo di dormire, canzonetta sacra spirituale, per voce e arpa, dai risvolti drammatici poiché il testo riassume la vita di Cristo, in quanto è la Madonna a parlare a Gesù Bambino.
Il Settecento è invece rappresentato da Dormi mio dolce tesor, attribuita a Mozart fino a qualche tempo fa, che invece potrebbe essere dello sconosciutissimo Bernhard Flies.
Certamente di Brahms è invece la celeberrima ninna nanna Guten Abend, gute Nacht, così come Schubert risulta l’autore di Schlafe, schlafe, dedicata presumibilmente ad un fratellino morto in tenerissima età.
La numerosa presenza di autori vissuti a cavallo fra Ottocento e Novecento comprende Milhaud, de Falla, Puccini, Tosti, Reger e Vincenzo Davico, monegasco di nascita, formatosi a Torino e Lipsia, del quale sono eseguiti tre pregevoli brani.
Allo stesso periodo appartengono le compositrici Cécile Chaminade e Anna Filippone del Bono, la prima autrice della berceuse Viens près de moi, la seconda della Ninna nanna del grillo e della struggente Ninna nanna di guerra, quest’ultima risalente al 1916.
Infine, recentissima, la Nonna nonna core mio di Rino Alfieri, datata 2009, su lirica del poeta napoletano Salvatore Palomba, posta a chiusura del cd.
Per quanto riguarda gli interpreti, la voce splendida ed espressiva del soprano Letizia Calandra è molto ben accompagnata, di volta in volta, da Mirella del Bono, Emanuele Lippi e Rino Alfieri al pianoforte, e da Cecilia Andreis all’arpa, dando vita ad un disco che abbina antiche suggestioni a grande raffinatezza, riportando in auge un filone della tradizione popolare quasi completamente scomparso.

Critica classica 08 08 2019
Marco del Vaglio

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Por Daniel Noriega
RADIO MUSICAL NACIONAL DE CUBA 24 05 2020

Suramérica ha sido pródiga en compositores y obras musicales. Muestra de ello, es la obra para voz y piano del argentino Carlos Guastavino, considerado el «Schubert americano», quien siempre defendió el romanticismo musical, alejándose siempre de tendencias más contemporáneas.
Durante el siglo XX, la música de Guastavino ha sido interpretada por destacados representantes del arte lírico, como los españoles Victoria de los Ángeles, José Carreras y Teresa Berganza; y más recientemente, el mexicano Jesús Suaste, entre otros muchos, alrededor del mundo.
De igual modo, la obra de Guastavino, por su belleza y frescura, ha sido traducida a varios idiomas, para ser bien recibida en Indonesia, Estados Unidos, Japón y varias naciones europeas.
A partir de esas premisas, la soprano italiana Letizia Calandra y el pianista cubano Marcos Madrigal, unieron sus artes para rendir tributo al argentino desde la mirada de estos tiempos.
Así recogieron parte de tan sustanciosa obra en el CD Carlos Guastavino: Song Cycles, bajo el sello discográfico Brilliant.
El ciclo de canciones Flores argentinas, fechado en 1969, a partir de textos de León Benarós; así como el ciclo basado en textos de Rafael Alberti, escrito hacia 1946, conforman el grueso del fonograma. A estos se suman cuatro canciones, para completar una acogedora selección de piezas distintivas.
Flores argentinas es un ciclo poco interpretado de modo integral, por lo que aquí encontramos uno de los valores del disco. Estas breves creaciones, a modo de alegorías poético-musicales, homologan la belleza y exotismo de doce especies florales sureñas.
En particular, destacan las recreaciones de El clavel del aire blanco y Campanilla ¿adónde vas?; así como La flor del Aguapo, Jazmín del país ¡qué lindo! y ¡Que linda la madreselva!, obras de estéticas sutiles que los intérpretes hicieron notar desde la sencillez intrínseca de las mismas.
El segundo ciclo, por su parte, queda conformado por obras más crípticas y experimentales, según palabras de Marcos Madrigal; y, desde esa misma mirada, fueron interpretadas.
A través de las siete piezas que lo conforman, se percibe un giro emotivo con mayor profundidad; quizás, por lo hondo de la poética del español y la música que lo corteja.
De esta parte destacamos Nana del niño malo; La novia y Elegía, en la que no pocos recursos expresivos fueron puestos a crecer.
Una porción adicional, aportó a Carlos Guastavino: Song Cycles la adición de cuatro canciones (ajenas a ciclo alguno), que lograron convertirse en la punta cimera de la selección e interpretación.
La rosa y el sauce, con textos de Francesco Silva; y Elegía para un gorrión, basada en la poesía de José Cura, alcanzan el alto estándar en el disco. Lo sonoridad lograda, la estética sensitiva y la alta musicalidad, quedaron atrapados en un mismo aliento, lo que muestra un acrisolado respeto por la obra del último romántico argentino.
Mención aparte consigue Se equivocó la paloma, redibujada con fino pincel de carga dramatúrgica mayor.
Es un disco donde la soprano Letizia Calandra apuesta por interpretaciones en secuencias transitivas. Parte desde una concepción candorosa, dando paso a otras más sensibles, hasta llegar a un tope de mayor densidad vocal. Elementos estos que le permitieron un airoso resultado.
Por su parte, Marcos Madrigal impuso una relación magra, fina e inteligente con la vocalista; como coprotagonista perfecto que, a través de una introspección sonora, logró sacar de su fuero íntimo una acrisolado resultado, cual buen tributo y respeto a la obra de Guastavino.
Devino así, en un disco permeado por bucles de emociones, traducidas en proyecciones vocales e intenciones de amplia paleta cromática y conceptual.

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Por Esto 03 06 2020
Pedro de la Hoz

Al escuchar las canciones de Carlos Guastavino en la voz de Letizia Calandra,
sostenida por el piano de Marcos Madrigal, concluí una vez más que el compositor
argentino no hizo más que reflejar el mundo que le era propio con las dos armas
mejores a su disposición: talento y sentido de pertenencia.
Guastavino es y será él, y no hay por qué colgarle un epíteto que, queriéndolo
ensalzar, lo disminuye: el Schubert de la Pampa. Quién lo diga, consciente o
inconscientemente, incurre en el pecado eurocentrista. (A nadie, por cierto, se le
antoja decir que Schubert es el Guastavino de Europa).
Calandra y Madrigal se unieron en la realización del disco
Guastavino Song Cycles, publicado en plataformas digitales el último mayo y con
distribución física el próximo agosto a cargo del sello neerlandés Brillant Classic,
para promover una obra consistente que conectó un muy definido perfil identitario
con la modernidad de su época. Al hacerlo con madurez y hondura, la obra de
Guastavino, cuando es interpretada como se debe, y lo hacen Calandra y Madrigal,
trasciende a todas las épocas.
Hubo sugestivas motivaciones. La cantante italiana declaró a los oyentes
potenciales: “Nunca estuve en Argentina, pero cantar estas obras ha significado
viajar al corazón de ese país y su cultura. En esta Argentina llena de nostalgias
encontrarán vuestros recuerdos, vuestros lugares secretos, vuestros amores y
descubrirán la conmovedora belleza de una flor, o de un jardín abandonado, y de
todo lo que hoy, más que nunca, necesitamos”.
En el caso de Marcos Madrigal, la apuesta se debe a lo siguiente: “Aunque algunas
de estas obras son bastante conocidas, la mayor parte de las piezas vocales de
Guastavino todavía hoy no forman parte habitual de los programas de concierto y
proyectos discográficos. Esto, unido a la belleza, poesía y refinamiento de estas
obras, me han llevado a proponerme dedicar varias producciones discográficas al
vasto catálogo de este gran compositor latinoamericano”.
Guastavino (1912-2000) en Argentina dejó una huella comparable a la de Silvestre
Revueltas y Carlos Chávez en México. A lo largo de su vida escribió cerca de 350
obras para los más diversos formatos. En una ocasión le preguntaron por qué tal
cantidad: “Es que mi cerebro está hecho de música”. Al repertorio orquestal aportó
Suite argentina. Cuando Madrigal habló de la devoción por Guastavino, tenía en
mente el vastísimo repertorio para el piano, que incluye una ejemplar sonata.
Pero, como afirma su compatriota, el profesor Roberto Sebastián Cava, hay que
distinguir particularmente sus canciones de cámara: “En ella está el sello de su
alma. No es un músico folklórico. Alguna vez pude comentar que se recostó
suavemente en el folklore argentino. Le dio a su música algo muy difícil de explicar.
No es tristeza sino nostalgia. Ella está en cada una de sus canciones y la añoranza
no cabe en las palabras sino en la misma escritura. Una canción de cámara es algo
así como un conversar pausado, afectuoso. Las canciones de Carlos Guastavino
pertenecen a la música culta argentina y sus creaciones tienen encanto y sencillez”.
Como voraz lector que fue, el compositor halló en la poesía fuente de inspiración
para su obra vocal. Quizá la canción más popularizada de Guastavino sea Se
equivocó la paloma, con versos del español Rafael Alberti, a quien conoció durante
el exilio de este en Argentina, adonde fue a parar luego de la instauración del
régimen franquista. De esa canción existen numerosas versiones, entre las más
entrañables para mí las del cubano Bola de Nieve y el español Joan Manuel Serrat.
No es la única apropiación musical de
Alberti. En el disco que comentamos se halla, además de la reconocida pieza, un
ciclo de siete composiciones, con poemas tan sustanciales como Jardín de amores,
A volar y Geografía física.
El fonograma comienza con un ciclo paradigmático de la producción del compositor,
Flores argentinas, a partir de los versos de León Benarós, poeta, crítico de arte,
historiador y abogado, amigo de Guastavino, conocido en la región, sin embargo, por
la letra de La tempranera, la samba lanzada al mundo por Mercedes Sosa. Cada una
de las flores se abre a la sensibilidad del oyente, gracias a la manera en que
Calandra y Madrigal afrontaron la entrega. Ella posee una voz cálida, probada en sus
incursiones en la escena lírica italiana. Más eso no es determinante, sino la
interiorización de la atmósfera y el subsuelo de cada canción: la acentuación
precisa, el color adecuado, la inflexión puntual.
Me satisface que Letizia Calandra sea la intérprete de las canciones de Guastavino,
puesto que, salvo excepciones, como la de la mezzosoprano estadounidense Ana
Guigui, al argentino lo interpretan mayoritariamente tenores y barítonos, cuando no
existió de su parte una expresa indicación para que así fuera.
Del cubano Madrigal habría mucho que decir. Es un pianista todoterreno, con una
ascendente y convincente carrera internacional, con focos en Roma y La Habana.
Dista aquí de cumplir la función acompañante al integrarse plenamente al espíritu
de composición, pulir cada detalle y tener, al mismo tiempo, el tino de colocar en
primer plano la voz de la cantante. Pronto comentaremos otra ofrenda suya que
está al salir, con el Hemisphaeria Trio.
Si en el poema la paloma de Alberti se equivocó, Guastavino no, y de ello dan fe
Letizia Calandra y Marcos Madrigal. Sus canciones permanecen.

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Prefazione al cd GUASTAVINO SONG CYCLE di Claudia Fallalero

Como pocos de sus contemporáneos, Carlos Guastavino (Santa Fe, 1912-2000) fue un compositor que no temió “alejarse” de los modernismos y vanguardismos propios de su época. Con total valentía, en lugar de las experimentaciones de su tiempo, construyó su música bajo una singular manera de decir, decimonónica, intimista y autobiográfica, una prolífera producción de más de 500 obras, muchas de ellas para voz y piano.
Al punto de ser conocido por algunos como “el Schubert de la Pampa”, el binomio tímbrico de la voz y el piano fue magistralmente abordado por Guastavino en sus canciones. En ellas sumó además, la eficacia de poner en música la palabra de los más importantes poetas del área americana de su tiempo, como Rafael Alberti, Atahualpa Yupanqui, Pablo Neruda, Gabriela Mistral, Jorge Luis Borges…Todo ello propició que en vida fuera prácticamente reconocido como un autor de canciones, las que han quedado como arquetipos de un lenguaje de composición riguroso al tiempo que genuino; de cuidada factura y así mismo, de una profunda sinceridad autoreferencial.
Con tan favorables condiciones, es un acierto elegir para una producción discográfica a Guastavino y a sus canciones. Sin embargo, es doblemente certera la elección de los intérpretes: el pianista cubano Marcos Madrigal y la soprano italiana Letizia Calandra. Sus saberes y sensibilidades artísticas, unidos a la poética de Guastavino, hacen de esta una propuesta agradable, cálida, sensual, que desde la primera pieza provoca en el oyente el olvido del tiempo y el lugar, imprimiendo quietud y deleite, expresiones tan necesarias en esta convulsa época con toda suerte de vorágines.
Casi como un viaje en el tiempo y a tono con la estética de las canciones, en este disco se ha procurado el logro de un sonido vetusto, que recuerda el resultado de las antiguas producciones de vinilo de 45 y 78 rpm. Ello hace que no se sienta distancia histórica respecto a las obras, fechadas algunas en la temprana época de 1946 —como el ciclo de Siete Canciones sobre poesías de Rafael Alberti—; y otras entre las últimas piezas vocales datadas del compositor, correspondientes a la década del sesenta, como el ciclo de Flores Argentinas sobre textos de León Benarós (1969) y El Sampedrino, una de las Canciones populares de 1967. Para completar la muestra, en la curaduría de este producto se han incluido importantes obras como La rosa y el sauce, con texto de Francisco Silva, y —quizás la más famosa entre las composiciones cantadas de Guastavino—: Se equivocó la paloma, con letra de Rafael Alberti.
Potenciando el inmenso valor del texto en estas piezas, Letizia Calandra logra que el oyente disfrute cada sílaba de los poemas que inspiraron a Guastavino. Su perfecta dicción se suma a la realización de virtuosos cambios de color en su voz, y a un histrionismo eficaz para comunicar el sentido dramatúrgico de los versos, como por ejemplo en las Flores Argentinas, y especialmente en Campanilla ¿a dónde vas?. Por su parte Marcos Madrigal, intérprete competente, sobrado conocedor de estilos y recursos creativos, es capaz de advertir los guiños compositivos de Guastavino y así reforzar momentos en los que el compositor cita tópicos instrumentales de otros períodos como la “llamada de trompa” de Jardín de Amores, apertura del ciclo de Canciones que musicalizan a Alberti.
Como estos, muchos pequeños detalles serían recalcables, pues la propuesta está plagada de un cuidado milimétrico de cada obra, tanto en sus minimalistas conceptos creativos, como en sus macros criterios cíclicos. Es valiosa la muestra en todos los sentidos. Pocas veces en esta era global se siente una perfecta dialogidad entre lenguaje e interpretación como en esta ocasión.

© Claudia Fallarero
Translation by Susannah Howe

Carlos Guastavino (Santa Fe, Argentina, 1912-2000) was very unusual among his contemporaries in being unafraid to “distance himself” from the modernist and avant-garde tendencies of his day. He resolutely followed his own path, leaving experimentation to others, creating a catalogue of over 500 intimate, autobiographical works harking back to the nineteenth century, many of them for voice and piano.
Guastavino’s songs bear witness to a masterful ability to pair voice and piano – a gift that led some to call him the “Schubert of the Pampas”.
They also bene t from the fact that he chose to set the words of some of the leading poets working in Latin America at the time, including such luminaries as Rafael Alberti, Atahualpa Yupanqui, Pablo Neruda, Gabriela Mistral and Jorge Luis Borges. All in all, he was primarily recognised during his lifetime as a songwriter, creating works that stand as archetypes of a compositional idiom notable for both its rigour and its authenticity, as well as for its sheer craftsmanship and profound self-referential sincerity.
Deciding to record a selection of Guastavino therefore seems a pretty wise move, and the choice of performers makes that decision an even safer bet. The intelligence and artistic sensitivity of Cuban pianist Marcos Madrigal and Italian soprano Letizia Calandra, combined with the poetics of Guastavino, make for an album of wonderful warmth and sensuality. Listeners will lose all sense of time and place as, from the rst track onwards, these songs conjure tranquillity and delight, sensations so necessary in our own turbulent times.
Almost as if travelling back in time – and very much in keeping with the aesthetic of these songs – this album has been given a kind of “vintage” sound quality, reminiscent of the 45 and 78 rpm vinyl recordings of days gone by. As a result, it feels as if there’s no distance at all between us and the period in which this repertoire was written, ranging as it does from the early Siete Canciones sobre poesías de Rafael Alberti (Seven songs to poems by Rafael Alberti, 1946) to some of the last vocal works Guastavino wrote, in the 1960s, including the Flores Argentinas cycle
(Argentinian Flowers, 1969; poems by León Benarós) and “El Sampedrino” (The Man from San Pedro), from Canciones populares (Folk Songs, 1967). The album would not be complete without the inclusion of such well-known standalone songs as La rosa y el sauce (The rose and the willow; text by Francisco Silva) and Se equivocó la paloma (The dove was wrong; another Alberti setting), which is perhaps the most famous of all Guastavino’s vocal works.
Making the most of the literary quality of the texts set here, Letizia Calandra allows the listener to enjoy every syllable of the poems that inspired Guastavino.
She combines perfect diction with a gift for creating different vocal colours, and a dramatic skill that allows her to convey the theatrical sense of the words, as for example in Flores argentinas, especially “Campanilla ¿a dónde vas?” (Morning glory, where are you going?). For his part, Marcos Madrigal, a highly accomplished pianist with a comprehensive knowledge of different styles and techniques, spots all the little nods and winks in Guastavino’s writing, accentuating for example his quotation of instrumental commonplaces of other periods, such as the “horn call” we hear in “Jardín de amores” (Garden of love), the rst of the set of seven Alberti songs.
This is just one of many details worthy of mention, given the meticulous attention that has been given to every piece on this recording, from minimalist creative concepts to the macro-structure of the cycles. This is an album to be treasured in every sense
– rarely in this global age do we come across a dialogue between language and interpretation as perfectly negotiated as the one heard here.
© Claudia Fallarero
Translation by Susannah Howe

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MUSICA ANTIGUA .COM
PUBLICADO POR Pablo Rodríguez Canfranc
SÁBADO, 23 DICIEMBRE, 2017
Aunque a menudo asociamos la polifonía secular renacentista con el madrigal, el panorama de la música cantada de la época en Europa era muy rico y variado, presentando abundantes géneros y estilos para varias voces.
Una de las formas musicales más populares es la villanella napolitana, cuya forma poética trascendió con creces su tiempo y el espacio geográfico que la vio nacer.
Un reciente lanzamiento del sello Brilliant Classics nos ofrece un viaje a aquel Nápoles para conocer la villanella a través de la embriagadora voz de la soprano italiana Letizia Calandra.
El trabajo, grabado en el convento franciscano de Lustra Cilento, lleva por título Erotica Antiqua e incluye veinte composiciones del siglo XVI, tanto anónimas como firmadas por Giovanni Leonardo Dell´Arpa, Giovanni Domenico da Nola, Filippo Azzaiolo, Baldassare Donato, Andrea Falconieri o el mismísimo Orlando di Lasso, cuya fama está más relacionada con la música sacra, pero que en su juventud compuso mucha de esta música popular.
La villanella, también conocida como villanella alia napolitana o canzone napolitana, surge hacia 1550 como evolución del género conocido como villanesca. Los orígenes de la villanesca nos llevan hasta la tradición de las danzas corales medievales y, a diferencia del madrigal, tiene una naturaleza popular, algo que pierde en parte su descendiente la villanella, bastante más refinada.La atracción que este sonido ejerció rápidamente en las clases altas fue, en palabras de Enrique Bello[1], “la condena de la villanella misma”, pues se despojó de su esencia popular y “se modificó en una avalancha de finas y difíciles composiciones, en las cuales un simple tema poético dialectal (más tarde ni siquiera dialectal) se estructuraba en contrapunto y desarrollaba en forma brillante”.
El autor citado arriba subraya que, frente al canto napolitano de naturaleza mayormente monódica, la villanella en su forma más típica fue polifónica.
Mientras que el poema musicado por el madrigal era un texto de calidad literaria firmado por su autor, la villanella solía tener textos anónimos y, por lo menos al principio, construidos con frases hechas y proverbios populares.
La estructura métrica de este tipo de canciones era ABB a lo largo de cuatro estrofas, sirviendo el tercer verso como estribillo.
Inicialmente estaba compuesta para tres voces, dos masculinas y una femenina.
Otro rasgo común es que estaban cantadas en primera persona y presentaban situaciones dramáticas recurrentes, como la de un amante intentando congraciarse con la cuidadora madura de su joven amada o, en otras ocasiones, lamentándose por un amor no correspondido.
Como curiosidad, el protagonista de la villanella parece hablar de la experiencia del presente inmediato, a diferencia del madrigal, donde siempre se reflexiona sobre una experiencia pasada.La soprano Letizia Calandra es una reconocida intérprete del repertorio de música tradicional napolitana.
Desde su debut en el año 2000 en La serva padrona de Pergolesi, ha desarrollado un intensa actividad operística en numerosos escenarios de Italia, pero también en lugares como Canadá, Australia o Corea de Sur.
Calandra ha trabajado la música barroca como miembro de las formaciones corales e instrumentales I Barrocchisti, La Venexiana y La Cappella della Pietá de Turchini.
También ha participado en óperas de la época de autores como Monteverdi, Purcell o Cavalli.
Sin embargo, una de sus pasiones es la música popular napolitana, un género que ha centrado sus actuaciones en los escenarios, pero también su actividad discográfica.
En concreto, ha publicado dos volúmenes titulados Classico Napoletano con el sello Lucky Planets Label.En el trabajo que nos ocupa, Erotica Antiqua, ha recuperado una serie de composiciones de nombres bien conocidos, como Lasso o Falconeri, y de otros que no lo son tanto, pero cuya obra es igualmente apasionante.
Orlando di Lasso publicó en 1581 el volumen  Libro di Villanelle, Moresche ed altri canzoni, al que pertenecen dos de los cortes del disco, en concreto, O occhi manza mia y Matona mia cara.
Es conocida su implicación, especialmente durante su juventud, con la música popular y con la comedia del arte, cuya banda sonora bien podría haber sido la villanella, como apuntábamos en otro artículo.
El laudista napolitano Andrea Falconieri también está presente en el CD a través de tres canciones.
Gran compositor de música cortesana, residió en España y Francia entre 1621 y 1628, para terminar su vida como maestro de capilla de la Capilla Real de Nápoles.
Giovanni Leonardo Dell’Arpa fue un actor, compositor, cantante y arpista, de ahí su apellido, también napolitano.
Calandra interpreta dos de sus canciones, la bellísima Villanella che all´acqua vai y Vorria crudel tornare.
Figura también en el disco Giovanni Domenico da Nola, maestro de capilla de SS Annunziata y autor,  entre otros, del libro Il primo libro delle villanelle alla napolitana, publicado en Venecia en 1567.
Completan el volumen dos villanellas de Filippo Azzaiolo y Baldassare Donato, respectivamente, así como una serie de piezas de autores anónimos.
La voz de Letizia Calandra es acompañada por los instrumentos del Ensemble Arte Musica, fundado y dirigido por el teclista Francesco Cera e integrado por Serena Bellini, que toca diversas flautas, Michele Pasotti y Francesco Tomasi, responsables de los instrumentos de cuerda pulsada, Silvia de Maria a la viola da gamba, y finalmente, Massimiliano Dragoni, que se encarga de la percusión y del salterio.
Se trata de una brillante recreación de esta música renacentista popular que demuestra que la villanella puede mantener su fresca hermosura e interés para los oídos de aquellos que vivimos en el siglo XXI.
[1] Enrique Bello. Ocho siglos de cantar napolitano.
Revista Musical Chilena

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DISCOS RECOMANDOS

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di Dario Ascoli
10 Marzo 2013 oltrecultura
 
14 brani di autori vari, ma tra i quali la parte del leone la svolge
Salvatore Palomba, poeta al quale Letizia Calandra ha dedicato molte interpretazioni; in questo album la sensibile cantante romana, ma col cuore napoletano, si cimenta quale compositrice, musicando Stella Maria, poesia di Palomba.
Classico Napoletano vol. II è un album (Lucky Planets LKP778)
che sa rispettare la tradizione, non rinunciando ad andare oltre, con il gusto che nella grande scuola si è formato e che da essa ha distillato gli elementi intramontabili.
 Il concetto di classico è tutt'altro che univocamente interpretato, ma in questo caso esso va inteso nell'accezione che preferiamo, ovvero "di repertorio", quali sono almeno 12 dei 14 brani proposti, inteso che i restanti possiedono i requisiti per entrarvi a pieno titolo e in modo duraturo.
 
Alla intensa, sensuale e mai meno che elegante voce del soprano
Letizia Calandra si accompagnano i suoni e, talvolta i vocalizzi, di
Marcos Madrigal (pianoforte), Riccardo Medile (chitarra classica, chitarra portoghese, laud arabo e tamburo a cornice), Raffaele Iannicelli (contrabbasso).
Gli arrangiamenti, taluni davvero originali per timbriche e armonie, sono di
Madrigal e Medile.
Il CD, insieme con l'album dedicato a Domenico Scarlatti e la Canzone Napoletana, inciso dallo stesso soprano e di cui vi
abbiamo dato recensione,Domenico Scarlatti e i crediti di Napoli , sarà presentato il 14 marzo 2013 nella Protomoteca del Campidoglio in Roma, alle ore 17.
A Introdurre la conversazione dal titolo "Roma incontra Napoli. La canzone napoletana fra musica colta e canto popolare",
il consigliere dell'Assemblea Capitolina Federico Guidi, mentre la presentazione è affidata a Nancy Squitieri, musicista e conduttrice televisiva.
Partecieranno: Salvatore Palomba (poeta e storico), Gaia Vazzoler (musicologa), Dario Ascoli  giornalista). A seguire un'intervista con i protagonisti dei cd e un concerto con letture di poesie. Questi i protagonisti:
Letizia Calandra (soprano), Francesco Cera (cembalista), Riccardo Medile (chitarrista), Marcos Madrigal (pianista), Rita Pensa (attrice).
La traccia n.1  si adagia nella tradizione del primo novecento con quella perla di Reginella, frutto della penna poetica di Libero Bovio, su melodia di Gaetano Lama; amore, povertà di materiale e poesia di sentimenti, realtà contingente e necessità senza tempo dell'anima, quanto mai percepibili in quel 1917, nel mezzo di un immane conflitto, che solo la retorica nazionalista poteva ammantare di trionfalismo vetero-unitario.
Salvatore Palomba offriva a Sergio Bruni nel 1982, dei versi di amore e di passione, in notti chiare di una Napoli incantata, Parole nove, come nuovi ciascun innamorato sente siano e debbano essere sentimenti, espressioni, carezze e  intimità di un amore che se non è nuovo in ogni istante è inevitabilmente vecchio e finito da ieri (traccia n.2) Il binomio Murolo-Tagliaferri consegna alla storia della canzone napoletana, nel 1925,  Piscatore 'e Pusilleco(traccia n.3; un amore che pare perduto, una voce di pescatore che risuona nelle notti di un amante abbandonato e un luogo incantato, una spiaggia che sarà teatro di un ricongiungimento tanto più dolce in quanto non più sperato. Un altro dopoguerra, ancora più ferito è teatro di Scalinatella di Enzo Bonagura su musica di Giuseppe Cioffi(traccia n.4) ; un canto di disperazione la cui metafora è una scala che l'amante abbandonato vede solo come discesa verso il dolore, con l'indesiderata presenza di un “pittore ca pitta Capre e parla furastiero”.E come la Sirena, “ ammore mio se vott' a mare!”. Dopo il miracolo della ripresa post-bellica, la canzone napoletana affronta temi di puro sentimento, rinunciando a sfondi di altri dolori, ma è nel tutto che si sviluppa che il dolore del tormento amoroso che conquista rilievo non solo nella letteratura musicale: Indifferentemente, (Umberto Martucci-Salvatore Mazzocco) è del 1963  (traccia n.5) “Famme chello che vuo', indifferentemente, tanto 'o saccio che so'...pe' te nu s' cchiù niente! (…) mentre me scippe 'a pietto chistu corre!? Nun sento cchiù dulore e non tengo lacreme pe te..” Timidezza di un innamorato che nel chiedere ad una donna di comunicare il messaggio del proprio amore ad una “cumpagna” di questa, trova il coraggio, o scopre in quel frangente di amare colei che gli è di fronte: Dicitencello vujeuna delle più intense canzoni degli anni '30 del '900, composta da Fusco e Falvo (traccia n.6) Alla traccia n.7 “irrompe” Salvatore Di Giacomo con Catarì ovvero “Marzo”, come la vulgata lo propone. Una poesia che dipinge tempeste e quieti che si susseguono nella natura di un'incipiente primavera, come nell'animo di un'amata che è Marzo per“n'auciello friddigliuso” che è l'io narrante del poeta su musica di Pasquale Mario Cost.Luigi Ricci è stato grande artigiano della musica nella prima metà del XIX secolo, autore di variazioni e arie di baule, didatta di qualche prestigio, e per qualche tempo persino rivale del bergamasco autore di Lucia. E' degno di divertente nota la circostanza che Ricci sia stato "doppiamente" cognato di Teresa Stolz, cantante per la quale anche il cuore di Verdi accelerò di parecchie tacche di metronomo. Cognato perchè sposò una delle due sorelle di Teresa, gemelle tra loro, Ludmilla , intrattenendo intima relazione anche con l'altra, Franziska. Forse per distrazione....stante l'uguaglianza delle due, per altro avvenentissime, donne. Ricci compose un'opera, “Il birraio di Preston” che avrebbe ispirato Andrea Camilleri. Tarantella (traccia n.8) su versi di Marco D'Arienzo, è del 1852, è un brano di spensierata godibilità. Una serenata che si inscrive nel solco del cantare sotto finestre chiuse, quando non sotto cancellate: Sotto a 'sta murata (traccia n.9) è un brano di Anonimo del '700, in cui si rintracciano sonorità e temi sentimentali e cromaticamente dolenti. Fenesta vascia (traccia n.10) è anch'essa una serenata, in cui al facile accesso per l'esigua altezza del varco si contrappone all'intransigenza della donna, che è fredda come la neve, ma non come questa si presta a farsi accarezzare dalle mani dell'amato. La calascionata è probabilmente seicentesca e la sua bellezza colpì a tal punto Franz Liszt che il virtuoso compositore volle parafrasarla nella Tarantella, che si trova nel secondo Anno di pellegrinaggio. La rinuncia alla vita mondana e il ritiro in 'O munasterio, sono cantati da Salvatore di Giacomo e  Pasquale Mario Costa (traccia n. 11) in una poesia in musica che trasmette un gelo di desolazione che solo ad una grande passione può seguire. “Jettaie stu core mio mmiez'a la strata (…) monaco 'e San Francisco me facette”. Tre autori per una pagina del 1934, da allora riproposta in numerosi riarrangiamenti e sempre amatissima in tutto il mondo: Bovio-Tagliaferri-Valente firmano Passione (traccia n.12) .Incipit icastico che apre ad una serie di ossimori: Cchiù luntana me staje, cchiù vicina te sento (…) tu m'he miso int''e vene nu veleno ch'è doce, nun me pesa 'sta croce ca trascino pe' te!” Ritorna Salvatore Palomba, che del CD è anche curatore, con Amaro è 'o bene nella traccia n.13 ; un suono udito o sognato di una fisarmonica, come quel “pianoforte 'e notte” digiacomiano, ma c'è un desiderio di concretezza dipassione, di incombente fine “chi sa si chesta è già ll'ultima vota” , che aggiunge intensità al desiderio. Stella Maria (traccia n.14) , ovvero Maris Stella, con l'ambivalenza del significato, che fa ascendere al mare ovvero alla Madre di Cristo. Una stella di mare e di cielo, che non sa e non può volare, ma a cui il mare dona libertà...l'elemento ancestrale da cuisentiamo di provenire, che per tanto assume una valenza materna, di matrice, di ventre e di divino, allo stesso tempo. Onde che generano vita e che lasciano emergere la bellezza e l'amore. Questi i sentimenti che hanno guidato Letizia Calandra a realizzare una melodia molto regolare e sinuosa, cantata con avvolgente sensualità, come una carezzevole risacca di passione.
 
Molti e diversi i brani, tali e tanti da rappresentare una sfida interpretativa e anche tecnica per Letizia Calandra, che non si risparmia giocando su comode trasposizioni né ricorre ad effetti di registrazione o post-produzione; tutto è “classico”, riprodotto, sì, con strumenti diversi e talvolta modernissimi, ma restituendo quell'effetto di presenza, di contatto, di condivisione di sospiri, che costituiscono il fascino del teatro e nessuna canzone è più di quella napoletana, espressione di teatro in musica e, perché no, di musica nel teatro della vita.
Si riscontrano qui e lì delle “intemperanze” nell'accompagnamento strumentale, tali quali derivano da un partecipare live all'evento, ad un essere parte sensibile della passione esecutiva.
Così le chitarre forzano agli estremi le sonorità, laddove l'amplificazione potrebbe dare ad esse il volume desiderato, ma privando il suono della incisività, di quel voler essere vivo e vero, eccessivo, come lo sono la passione, il desiderio, la disperazione.
L'ultimo brano sembra accomiatarsi come da una conchiglia da cui ascoltiamo la memoria del mare che l'ha ospitata ed è una firma di salsedine apposta su una bocca amata.

Classico Napoletano con Letizia http://www.oltrecultura.it/index.php?view=article&cat...
 

 

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"... Letizia Calandra è soprano dalla voce di rara bellezza timbrica e interprete di grande raffinatezza, Maestra di buon gusto e di musicalità che sorprende e avvince..."
di Gianni Cesarini 17 septiembre, 2019

Come molti sanno, tanti anni fa sono stato critico musicale del Mattino, artefice di troppe stroncature: peccati di gioventù. Poi andai via da Napoli per vivere esperienze diverse. Da qualche tempo ho ripreso a scrivere su fatti musicali e vari artisti mi inviano dischi, qui a Lanzarote evidente segno che non sono finito nell’oblio. Però non scrivo in veste di critico, scrivo per raccontare musiche, interpretazioni che alimentano la mia ricerca del bello, che mi emozionano. Libero di caporedattori posso scrivere senza limiti, anche di dischi non attuali, come questo di Letizia Calandra, che mi é giunto insieme ad altri quattro: scrigni di bellezza, latori di cultura e di sorprese.

Letizia Calandra è soprano dalla voce di rara bellezza timbrica e interprete di grande raffinatezza, Maestra di buon gusto e di musicalità che sorprende e avvince.

Abbiamo diciassette ninna nanne in questo cd edito den 2008, alcune celebri e altre quasi sconosciute, come “Vieni o sonno”, tratta dalle ninna nanne popolaresche di Vincenzo Davico, nato nel Principato di Monaco, 1889 e volato tra le stelle a Roma, 8 dicembre 1969. Compositore interessante, discepolo di Max Reger e influenzato dalla musica francese da Ravel in avanti, è ormai pressoché dimenticato (ricordiamo un enigmatico notturno per pianoforte in Re maggiore in una stupenda interpretazione di Carlo Zecchi). Accompagnata più che bene dall’arpista Cecilia Andreis, il soprano incanta con un fraseggio sommamente evocativo, note “filate” calibrate alla perfezione, mezze-voci e pianissimo di opportuna dolcezza che pur conservano una sonorità piena, ricca di armonici.
Totalmente sconosciuta, chiedo venia per questa mia ignoranza, la compositrice Anna Filippone del Bono la cui ”Ninna Nanna di Guerra» pubblicata nel 1916, mostra una scrittura non banale e una atmosfera non esattamente di berceuse, venata di tinte forti che la voce del soprano non esita a sottolineare. Al pianoforte molto brava Mirella del Bono.
Celeberrima invece la “Nana” di Manuel de Falla. Innumerevoli la interpretazioni tra le quali spiccano quella del mezzo-soprano Teresa Berganza e del soprano Victoria de los Angeles. Staccando un andamento più lento e fraseggiando in maniera più estroversa Letizia Calandra non fa rimpiangere le due mitiche cantanti spagnole. Rino Alfieri accompagna al piano con bel suono e il ritmo moderato conferisce al brano una sonorità ipnotica, ammaliante.Bizet la chiamava: “mi petit Mozart”. Compositrice e pianista di valore Cècile Chaminade è purtroppo dimenticata. Sono felice nello scoprire questo piccolo gioiello, “Viens prè de moi” proposta magistralmente dal soprano in stato di grazia, il cui canto ricco di sottigliezze ci pone di fronte a pura, cristallina bellezza. Al pianoforte, sempre bene. Mirella del Boni.
Infine un sorprendente lied di Max Reger, severo contrappuntista post-brahmsiano in questo frangente capace di esprimere infinita dolcezza con una scrittura relativamente semplice. Al piano Emanuele Lippi, accompagnatore preciso e musicalmente notevole.


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Protomoteca del Campidoglio il 14 marzo 2013.
 
è il titolo attribuito alla conferenza di
presentazione dei CD interpretati da Letizia Calandra
nel corso del 2012, effettuata nella SALA della PROTOMOTECA del CAMPIDOGLIO.
Di entrambi gli album abbiamo diffusamente riferito:
Classico Napoletano con Letizia e Domenico Scarlatti e i crediti di Napoli
.
Com'era quasi d'obbligo, ampio spazio è stato dedicato alla musica, eseguita dal vivo; la presenza prestigiosa del poeta Salvatore Palomba,
che di alcuni brani dei CD è autore, ha indubbiamente focalizzato l'attenzione del pubblico presente.

Interventi anche della musicologa Gaia Vazzoler, dell'attrice Rita Pensa
,degli interpreti degli album (Francesco Cera, Riccardo Medile e
Marcos Madrigal), prima tra tutti la splendida cantante che ha trasmesso
tutto il suo entusiasmo di esecutrice, ma anche, nel caso di Classico
Napoletano vol.2, di produttrice.
Il pomeriggio è stato condotto con competente garbo da Nancy Squitieri
,che definire giornalista e conduttrice è un colpevole trascurarne i titoli di
musicista.
Nutrita platea, che ha seguito con partecipato entusiasmo, nella quale ha
spiccato la presenza di un grandissimo della canzone napoletana e non solo, degli anni '70 e '80 del secolo scorso:
Fausto Cigliano, chitarrista, cantante
raffinato e autore di brani di successo internazionale.
Citando Mahler, Palomba ha voluto rimarcare come la tradizione non sia la
cenere del passato, bensì il fuoco che l'ha prodotta.
Immancabili e sempre apprezzati gli aneddoti relativi al lungo e produttivo
sodalizio che ha legato il poeta a Sergio Bruni
, che ha musicato molte liriche di Palomba, delle quali sicuramente la più celebre e intensa è Carmela , del 1976, insieme con "Amaro è 'o bbene" del 1980, lanciata da Sergio Bruni, ripresa nel 1996 da Mina e interpetata con misura e senso drammatico da Letizia Calandra in Classico Napoletano vol.2. La conferenza-concerto è stata introdotta dell'on. Federico Guidi
Consigliere dell 'Assemblea Capitolina. La dott.ssa Vazzoler
ha ricordato quanti, quali e quanto infondati siano i pregiudizi sulla canzone napoletana, additata come genere minore e destinato ad ascoltatori incolti e superficiali.
"Il giudizio, frettoloso quanto ingeneroso, è solo parzialmente
giustificato dalla larga presenza di esecuzioni mediocri e volgari, di
interpreti musicalmente inadeguati, che si abbandonano ad ogni
genere di tradimento della partitura, dichiarando di "sentire la musica""
ha commentato Dario Ascoli, che con ironia ha aggiunto
"il problema non è che loro la sentano, ma che costringano noi, ridotta in
quel modo, ad ascoltarla!".
Tuttavia interpretare è anche mantenere viva un'opera, come ha
commentato un'allieva del relatore:
"Questa è la singolarità, e il destino, di un'opera "fatta di suono": nel
momento in cui la si interpreta la si tramanda anche (quindi la si
conserva); i due atti sono riassunti in un unico gesto"
Grandi musicisti, dal 1500 al secolo scorso, da
Orlando di Lasso, fino ai due grandi operisti che a Napoli
trovarono gloria - come il bergamasco autore di Lucia di Lammermoor
e il giovane Rossini - si dedicarono alla canzone napoletana.

Quasi commosso il racconto di Letizia Calandra del suo incontro con il M°
Sergio Bruni, culminato con l'ascolto di una musicassetta "demo" incisa
dalla cantante :"Piccerè, la voce è bella assaje, ma... 'o pianista nun è
napulitano !".

Il Campidoglio risuona di melodie napoletane http://www.oltrecultura.it/index.php?view=article&cat...


La grande stagione degli intermezzi buffi - in cui molti artisti dialettali si
producevano in improvvisazioni che traevano temi dalle melodie popolari -
avorì nel XVIII secolo una piena compenetrazione tra musica colta e
popolare, vivacizzando la prima e fornendo alla seconda formule e stilemi di
grande fattura. E' una delle magiche ricette del successo della musica
napoletana, sia canzone, romanza da salotto, intermezzo buffo o opera seria. I brani tratti dai 2 CD sono stati intervallati dalla lettura delle poesie di
DiGiacomo, di Bovio e di Palomba -
che delle canzoni costituiscono i
testi - realizzata da Rita Pensa.

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di Ingrid Wanja      
So ambitioniert wie unterhaltsam ist eine gerade erschienene CD mit Sonaten für Cembalo von Domenico Scarlatti  und neapolitanischen Canzonen von zumeist anonymen Komponisten, ausgenommen zwei Arien von Pergolesi und Vinci sowie dem „Quanno nascette ninno“ von De Linguori- eine sinnvolle Verknüpfung von Musik, die zu entdecken sich lohnt. Scarlatti, der seine Jugend in Neapel verbrachte, ließ sich vom 6/8tel Takt der Tarantella inspirieren und erinnerte sich dessen noch nach Jahrzehnten in Spanien, nachdem bereits der Flamenco bestimmend für viele seiner Kompositionen geworden war.
Zwischen den Canzonen und Sonaten bestehen enge Beziehungen, die im informationsreichen Booklet von Francesco Cera, der auch den Part am Cembalo übernommen hat, aufgezeigt werden.
Letizia Calandra, die bereits auf der Bühne und auf CD gerade mit neapolitanischer Musik mehrfach in Erscheinung getreten ist, ist die Gesangssolistin. Ihr Sopran hat seit der letzten Aufnahme an Fülle und Wärmen noch gewonnen. Es gelingt ihr vorzüglich, mal mehr, mal weniger die Stimme bei den besonders volkstümlichen wie eine Naturstimme, bei den Opernarien wie einen geschulten, ausgebildeten Sopran klingen zu lassen. So hört sie sich frech wie eine Straßensängerin bei der neunzehnstrophigen (!) Schilderung einer Fischhochzeit mit Hindernissen an und täuscht am Schluß eine der Tarantella angemessene Atemlosigkeit vor. In Vincis „So’ li sorbe e le nespole amare“ trifft sie den buffonesken Ton perfekt und zaubert komisch klingende Seufzer in die Stimme. Für Pergolesi weiß der Sopran akustisch gravitätisch zu schreiten wie virtuos den schnellen Teil zu meistern. Besonders in „Michelemmà“ wird eine Naturstimme vorgetäuscht, in „La nova gelosia“ ein feiner, melancholischer Klagelaut vernehmbar gemacht, und für „Quanno nascette ninno“ hat Calandra einen süßen, zärtlichen, obertonreichen Klang. Die fein ausgesungenen kleinen Notenwerte von „Facimmo mo l’amore“ können ebenso gefallen. Die Gitarrenbegleitung liegt bei Michele Pasotti in den besten Händen (Track 2).
Francesco Cera erweist sich nicht nur als theoretischer Kenner der Musik Scarlattis, sondern auch als großartiger Stilist und Virtuose am Cembalo, graziös, wo es paßt, rhythmisch exakt und die tänzerischen Elemente der Musik ohne das Verfallen in einen unangebrachten Romantizismus heraus arbeitend. In feinem Kontrast steht die Leichtigkeit und Behändigkeit des Musizierens zur dunklen Moll-Tonart von K9, schön wird gleichermaßen dem Cantabile wie dem schnellen Tempo von K 176 Rechnung getragen. Wie ein Frage- und Antwortspiel zwischen rechter und linker Hand hört sich K 174 an, ein feinmaschiges Gewebe von Klängen. Durch das virtuose Allegro besticht K 241, das tänzerische Element von K 202 wird voll zur Geltung gebracht.
Die alte neapolitanische Musik scheint sich zunehmender Aufmerksamkeit zu erfreuen, denkt man an das gleichzeitige Erscheinen der DVD von Vincis „Partenope“.
Brillant Classics 94488                                     

Ingrid Wanja      
                                                                                                                         
        

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RESMUSICA Le 19 janvier 2013 par Frédéric Muñoz
 
Ce disque nous rappelle tout ce que doit Domenico Scarlatti à sa terre natale napolitaine. Certes nous connaissons bien sa période espagnole où, de Séville à Madrid, il écouta et s’inspira des thèmes et des rythmes de l’Ibérie. Dans de nombreuses sonates, le chant du flamenco n’est pas si loin, et nombre de ses disciples suivront ses enseignements, dont le Padre Antonio Soler, le plus célèbre d’entre eux.
Ici le claveciniste Francesco Cera propose un choix original d’une dizaine de sonates pour le clavier, choisies parmi ses 555 numéros, dont l’inspiration prend tout spécialement naissance dans des musiques issues du chant populaire napolitain. C’est toute la jeunesse de Scarlatti qui s’exprime ici, puisant mélodies et rythmes caractéristiques d’une effervescence ambiante hors du commun. La tarentelle n’est pas loin, ni la fameuse sicilienne avec son célèbre rythme à 6/8. On perçoit même certaines ramifications jusqu’à Händel, notamment dans l’air « Quand naquit l’enfant » d’Alfonso de Liguori, si proche d’un autre évoquant la nativité dans l’oratorio le Messie.
Afin d’illustrer au mieux ce rapprochement révélateur, notre claveciniste a proposé à la soprano Letizia Calandra de chanter quelques thèmes populaires napolitains. L’effet est instantané, évident même, Scarlatti ayant puisé directement son inspiration de plusieurs situations musicales. On appréciera la rhétorique des musiciens, depuis le jeu fougueux et chantant du claveciniste, porté par un instrument d’exception, d’esthétique napolitaine, bien entendu, précis, percutant, et envahissant à souhait l’espace sonore. Letizia Calandra elle, est parfaite dans son rôle, vibrant et sensuel, n’hésitant pas à dévoiler toutes les couleurs de sa voix, même dans les registres les plus graves, qui apportent une diversité et un panache époustouflants. Le luth apparaît ici ou là, en fonction des besoins pour dialoguer et compléter le jeu du clavecin, Michele Pasotti adopte un jeu raffiné et toujours efficace dans ses accents.
La voix de Letizia Calandra est captée avec beaucoup de présence, dans la belle acoustique de l’église de Colle di Torra. L’image sonore du clavecin est très large, enrobante, depuis le grave jusqu’à l’aigu. L’alternance des pièces inspiratrices et des sonates est de plus très harmonieuse sur le plan musical, et de plus, grandement pédagogique. Cet enregistrement est une pièce d’importance dans la connaissance du génie scarlatien.

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Marion Beyer, 25.02.2013 Kontakt zum AutorKontakt zur Redaktion Druckversion 

Die vorliegende Aufnahme besticht nicht nur durch eine reizvolle Programmzusammenstellung, sondern auch mit einer lebendigen und absolut stilsicheren Interpretation.
Mit dem vorliegenden CD-Programm ist eine überaus reizvolle Kombination von Cembalosonaten Domenico Scarlattis und neapolitanischen Liedern aus dem 17. und 18. Jahrhundert gelungen. Mir ist keine Aufnahme bekannt, die auch nur annähernd eine so raffinierte, erfrischende und hervorragend begründete Auswahl der Cembalosonaten Scarlattis vorlegt. Es ist zugegebenermaßen kein leichtes Unterfangen, eine geschickte und gleichzeitig möglichst repräsentative Auswahl der bislang immer noch ungezählten Sonaten Scarlattis zu treffen. Die Gesamtzahl der Einspielungen wird immer unübersichtlicher ebenso wie es bei den Musikern kaum Favoriten unter den Scarlatti-Sonaten gibt.
Die vorliegende Aufnahme ist bereits 2009 entstanden. Die Interpreten sind der Cembalist Francesco Cera und die Sopranistin Letizia Calandra sowie der Barockgitarrist Michele Pasotti. Die Einspielung besteht aus insgesamt neun Sonaten, gepaart mit neapolitanischen Liedern von Leornado Vinci, Giovanni Pergolesi, Sant’ Alfonso de Liguori und weiteren anonymen Komponisten. Weil Scarlatti in Neapel geboren ist und einen Großteil seiner Jugend dort verbracht hat, ist er mit der neapolitanischen Volksmusik aufgewachsen, die sich auch in seinem Werk deutlich widerspiegelt. Es sind sogar direkte Bezüge aufzuweisen; manche Komposition scheint eine unmittelbare, ganz konkrete Reaktion auf populäres Volksmusikgut zu sein. Ein besonders überzeugendes Beispiel für solche Gemeinsamkeiten ist die musikalische Konzeption von Scarlattis Sonate in d-Moll K. 176 im Vergleich zum ähnlich melancholischen, aber auch doppelseitigen Charakter von Pergolesis 'Chi disse ca la femmena'. Ganz ähnlich ist auch der Eindruck bei der Kombination des anonymen Lieds 'Michelemmà' mit Scarlattis Sonate in G-Dur K. 153.
Interpretatorisch überzeugt die Aufnahme aufgrund des erfrischend lebhaften, sehr expressiven Temperaments der beiden Hauptinterpreten. Bereits mit der ersten Scarlatti-Sonate (K. 103) gelingt Cera ein hervorragender Einstieg. Der lebhafte Eindruck bei hoher musikalischer Konzentration setzt sich im Gesang der Sopranistin Calandras fort. Die große Flexibilität und überaus experimentierfreudige Stimme Calandras vermag den Charakter der temperamentvollen, aber auch sehr ausdrucksstarken neapolitanischen Lieder perfekt zu vermitteln. Besonders hervorzuheben ist das mühelose Beherrschen einer höchst virtuosen Stimme und der sichere, stets passende Einsatz von Portamenti.
Die Leichtigkeit und die interpretatorische Sicherheit Calandras überträgt sich auf das Spiel des Cembalisten Cera. Das feinfühlige Gespür für den besonderen musikalischen Ausdruck neapolitanischer Kompositionen – feurig, energiegeladen, aber dennoch gleichermaßen auch sehr gefühlvoll und sensibel – scheint sich im Klang des Cembalos fortzusetzen. Für diese Aufnahme wurde ein nachgebautes Instrument Roberto Livis von 1995 nach einem Original eines anonymen Cembalobauers aus Neapel (ca. 1650)verwendet. Der obertonreiche, außerordentlich helle Klang des Instruments sorgt für eine erstaunliche Transparenz der spieltechnisch herausfordernden Sonaten Scarlattis. Gleichzeitig harmoniert der Cembaloklang wunderbar mit der klaren, hellen Stimme Calandras.
 


Interpretation:Klangqualität:Repertoirewert: Booklet:

Kritik von Marion Beyer, 25.02.2013Kontakt zum AutorKontakt zur Redaktion Druckversion
 

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"...LETIZIA CALANDRA È UNA SINTESI DELLA BELLEZZA VOCALE, DELLO STILE E DELLA SUBLIMAZIONE DELLA PAROLA CHE ATTRAVERSO UN CANTO CHE SCORRE COME FRESCHE ACQUE TRA SOLIDE RIVE, TRACCIA IL DIAGRAMMA DELLA GRANDE INTERPRETAZIONE MUSICALE..." Fausto Tenzi (Ticino Welcome 57 - Mar/Mag 2018)

"...l’emozione, la belleza, la rifinitura del fraseggio di una voce votata al canto... la bellezza della voce della Calandra, fatta d’una ricchezza timbrica sorprendente, muove a commozione con un canto che incanta, ammalia. Il fraseggio parte da un’emissione mai forzata, una dinamica gestita ad arte che annulla la monotonia, un vibrato ampio emesso per fini squisitamente espressivi, la scelta d’un andamento moderato che conferisce spessore ad ogni nota, rendono questo antico canto napoletano con una espressione intensa che lo colloca in un spazio senza tempo, l’antico giunge alla compiutezza formale del classicismo..." Gianni Cesarini 09 08 2019

Biografia

Il soprano Letizia Calandra si diploma al Conservatorio di Santa Cecilia in Roma nel 1999.
Si specializza in master class in Italia e all’estero presso importanti istituzioni e con cantanti di fama internazionale.
E’ vincitrice di importanti concorsi lirici internazionali. Nel 2000 vince il concorso del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, dove debutta nell’opera “ La Serva Padrona " di G. B. Pergolesi.

Ha interpretato, in Italia e all’estero, i ruoli principali di numerose opere, attraversando un repertorio che spazia dal barocco di Monteverdi, Purcell, Cavalli, Pergolesi, Leo, Jommelli, Sigismondo, Duni, Gluck, Haydn e Piccinni, sino a Mozart, Cherubini, Rossini, Verdi e Puccini, Wolf Ferrari.

La sua attività teatrale e concertistica , la porta ad esibirsi in questi anni,
in Italia e all’estero, ospite di prestigiosi palcoscenici e istituzioni tra cui,
il Teatro dell’Opera di Roma, L’Arena di Verona, Il Teatro San Carlo di Napoli, La Fondazione Toscanini di Parma, il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, il Teatro Dal Verme di Milano, la Sagra Malatestiana di Rimini, il Comune di Roma, l’Auditorium di Herne (Germania), la Citè de la Musique (Paris -France), l’Auditorium di Santa Cecilia di Roma, nell’ambito del Festival Rossini di Wildbad (Germania), la Radio Svizzera di Lugano, dell’Incheon World Opera Festival (Korea), Canada, Australia…

Ha cantato con I Barocchisti diretti da Diego Fasolis incidendo in prima mondiale “L’Ercole amante” di Cavalli, con la Venexiana diretta da Claudio Cavina nell’Incoronazione di Poppea di Monteverdi, con la Cappella della Pietà dei Turchini diretta da Antonio Florio in numerosi concerti di cantate e mottetti del seicento italiano. Insieme al clavicembalista Francesco Cera e all’Ensemble Arte Musica ha cantato i madrigali di Luzzasco Luzzaschi, la Cantata sulla Passione di Giovanni Battista Martini, l’Orfeo dolente di Domenico Belli si è esibita ai Festival di Maguelone, Saint Michel
en Thiérache, Valloire, Sagra Musicale Malatestiana.

Il suo repertorio spazia dal barocco, al lirico, al cameristico,
al contemporaneo trovando nella varietà dei linguaggi musicali
e interpretativi la sua più compiuta dimensione.

Stabilisce una lunga collaborazione col compositore Pietro Pirelli che
per lei scrive nel 1999 il brano " Love and Politics" su testo di Judith Malina dei The Living Theatre e altri brani contenuti nell'album " Hymen O Hymenaee" Dieci Scene Sonore per Roma antica , musiche di Pietro Pirelli , (Rivoalto 2001)

Per la Pirelli-Re ha inciso i due intermezzi buffi “ L’Uccellatrice”
di N. Jommelli e in prima incisione mondiale “ La prosuntuosa delusa”
di G. Sigismondo accompagnata dal Quartetto Bernini.
Il Laudario di Cortona e le ballate di Francesco Landini ( Arcophone)

Nel 2003 a Milano, si esibisce con Gianna Nannini durante un concerto di Roberto Cacciapaglia, con il quale prende parte a diverse incisioni discografiche " Tempus Fugit "( BMG 2003) “Incontri con l’anima” (Delta dischi 2005) , video e numerosi concerti.

Nel 2006 insieme a Roberto Cacciapaglia, aprono il concerto di Franco Battiato e l'orchestra del San Carlo in una serata organizzata dal FAI presso il Teatro San Carlo di Napoli. Nello stesso anno prende parte anche ai concerti di Franco Battiato a Firenze con l'Orchestra Regionale della Toscana e a Lecce.

’E la voce di alcuni tra i più popolari spot televisivi per la Barilla e per
Illy caffè.

Si dedica con passione alla ricerca di generi musicali meno frequentati della tradizione popolare colta e alla loro divulgazione.

Ha inciso ”Le donne vendicate” di N. Piccinni ( Bongiovanni 2017 )“ Petite Messe solennelle “ Rossini (Tactus 2007 )

Classico Napoletano è il titolo di due cd dedicati alla Napoli classica,
incisi per la storica etichetta Bideri e distribuiti per la Lucky Planets
“Classico Napoletano Vol. I “ e “ Classico Napoletano Vol. II “con la partecipazione straordinaria di Fausto Cigliano, Francesco Cera, Marcos Madrigal e Riccardo Minasi.

Ma Classico Napoletano è anche un progetto, che vede Letizia Calandra impegnata da anni, in un percorso che vorrebbe divulgare e restituire al repertorio della canzone napoletana, la sua originale essenza poetica e dignità perduta, attraverso esecuzioni di musicisti provenienti dalla musica antica e dalla liederistica.

Con Francesco Cera e il suo Ensemble Arte e Musica ha realizzato i CD “Scarlatti and the Neapolitan Song” (Brilliant Classics 2013) evidenziando un’ ispirazione tipicamente “napoletana”nella produzione delle sonate scarlattiane.

“Erotica Antiqua. Neapolitan Villanellas “ ( Brilliant Classics 2017) all’origine della canzone napoletana e genere grazie al quale Napoli conquistò per la prima volta il mondo musicale Europeo.

Ha pubblicato nel 2018 per la Brilliants Classics il cd “ Ninna Nanna” riportando in auge un filone della tradizione popolare quasi
completamente scomparso.
Nello stesso anno ha pubblicato insieme al tenore Fausto Tenzi,il cd
“Donizetti Le Nuits d'étè à Pausillippe” che insieme alle “Soirées d'autumne à l’Infrascata” raccontano la “ Napoli salottiera “ secondo la moda cameristica del tempo.

Grandissimo esito da parte della critica internazionale sta riscuotendo il cd " Guastavino Song Cycle " appena uscito per la Brilliants Classics un cd monografico dedicato alla musica Argentina di Carlos Guastavino, con la presentazione dei due cicli completi “Floras Argentinas” e le “Canciones"
su testi del poeta spagnolo Rafael Alberti , con il pianista cubano
Marcos Madrigal.

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